AMARCORD CALCIO ESTERO

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ars72
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Messaggio da ars72 »

Addio a Valdir Peres, il portiere del Brasile ai Mondiali del 1982 e una lunga esperienza al San Paolo.
Valdir Peres se ne è andato a 66 anni per un infarto mentre si trovava nella città di Mogi Mirim.

L'ultima partita in nazionale di Valdir Peres fu proprio quella persa dal Brasile con l'Italia 3-2 con tripletta di Paolo Rossi.
Fu ritenuto uno dei maggiori responsabili del fallimento brasiliano in Spagna, anche per la papera clamorosa nella partita della Seleçao contro l'URSS vinta 2-1, e non venne piu' convocato anche se continuò a giocare fino al 1990.
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ars72
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Re: AMARCORD CALCIO ESTERO

Messaggio da ars72 »

Addio a Massing: sua l’entrata più dura della storia del Mondiale

Scompare a 55 anni l’ex difensore dei Leoni Indomabili, famoso per un’entrata su Caniggia durante il Mondiale ’90

È scomparso improvvisamente ad Edéa, in Camerun, all’età di 55 anni Benjamin Massing, ex difensore della nazionale dei Leoni Indomabili, con la quale ha partecipato al Mondiale del 1990 in Italia, nel quale era sceso in campo per due volte nella squadra spintasi fino ai quarti di finale, dove fu eliminata dall’Inghilterra.
Non rese note le cause del decesso dell’ex giocatore, passato alla storia per un fallo su Claudio Caniggia nella partita inaugurale, vinta a sorpresa 1-0 dal Camerun contro l’Argentina grazie a un gol di François Omam-Biyik.
A causa di quel fallo, giudicato il più duro della storia del Mondiale, Massing fu espulso a due minuti dalla fine e squalificato per tre giornate. Tornato in campo proprio contro l’Inghilterra, fu lui a provocare i due rigori concessi ai Tre Leoni che fissarono il 3-2 definitivo ai supplementari


http://www.itasportpress.it/calcio/addi ... sing-morto
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Messaggio da ars72 »

Chiude El Grafico, leggendaria rivista argentina

“El cierre”, la chiusura, è arrivata in modo repentino e fondamentalmente inatteso, nonostante la crisi mondiale delle carta stampata e dei periodici in particolari. Però El Grafico era qualcosa di più di una semplice rivista: era un’icona e un simbolo del calcio e dello sport argentino, era un monumento del giornalismo del paese e sportivo in genere, era un pezzo di storia. Nel maggio 2019 avrebbe compiuto cento anni, venerdì sarebbe andato in stampa col numero di febbraio, martedì ha chiuso, almeno per la sua edizione cartacea, in attesa di trovare un modo per “generare contenuti al di là della sua forma tradizionale”, come si legge nel comunicato dell’editrice “Torneos”.

Nata nel 1919 come rivista generalista, era presto passata ad occuparsi di sport: settimanalmente fino al 2002, poi con un’edizione mensile. Da anni i tempi delle tirature monstre (690.998 copie dopo la vittoria nel Mundiale 1986) erano passati, ma El Grafico continuava a essere riferimento anche all’estero. In alto trovate la prima e l’ultima copertina, sotto una carrellata di “tapas historicas”. Finire in copertina era entrare nella storia dello sport argentino.

http://tropicodelcalcio.gazzetta.it/201 ... argentina/

Resta memoria di quello che è stato El Grafico nel ricchissimo sito internet

http://www.elgrafico.com.ar
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Messaggio da ars72 »

Spagna, calcio in lutto: è morto Quini dopo un infarto

Lutto nel mondo del calcio. Muore all’età di 68 anni l’ex giocatore di Sporting Gijon e Barcellona, Enrique Castro, detto Quini. Fatale un infarto avuto vicino alla sua casa a Gijon. Soccorso dai passanti, l’ex calciatore è morto in ospedale. Nato ad Oviedo nel 1949, Castro ha giocato in due squadre: lo Sporting e il Barcellona (dal 1980 al 1984 con Diego Armando Maradona) e fu convocato 35 volte in Nazionale, partecipando anche al Mondiale, in Spagna, nel 1982. Attualmente era il direttore delle relazioni istituzionali del club asturiano. Fu uno dei migliori giocatori spagnoli e per cinque volte vinse il titolo di Pichichi (bomber) della Primera Division. Nel suo palmares figurano due Coppe del Re (1981-1983), una Coppa della Liga (1983), una Supercoppa di Spagna (84) e una Europea (1982).

http://www.itasportpress.it/calcio-este ... resh_ce-cp

Quini salì alla ribalta anche per un assurdo rapimento di cui fu vittima nel 1981 che all'epoca fece piu' scalpore delle sue reti.

Questo il resoconto di quella vicenda

Il centravanti è stato sequestrato verso sera

Domenica primo marzo 1981. Enrique Castro Gonzaléz, meglio conosciuto come Quini, ha da poco concluso e vinto la partita interna contro l’Hercules. Ora è atteso all’aeroporto dalla famiglia. Sono le 21:00 quando il bomber, che sta guidando il Barcellona verso la vetta della Liga, scompare. È stato, infatti, rapito dal “Battaglione Catalano Spagnolo”, un gruppo di estrema destra. In realtà, come si scoprirà più tardi, sono semplici balordi. Ecco una vicenda clamorosa che sa di romanzo giallo.
È il 6° goleador nella storia della Liga con 219 reti. 154 con il Barcellona. Le altre 165 con l’amato Real Sporting di Gijón, club di cui dirige ora l’area tecnica. Nel 1970 e nel 1977 è stato il miglior cecchino nella Segunda División, la nostra Serie B. Nel suo palmarés ci sono una Coppa delle Coppe, una Coppa della Liga de una Copa del Rey vinte in blaugrana. Oltre a 35 presenze e 5 reti in Nazionale. Con cui ha vissuto le pallide partecipazioni all’Europeo del 1980 in Italia (con goal rifilato al Belgio), al Mondiale d’Argentina 1978 ed a quello casalingo del 1982.
Eppure Enrique Castro Gonzaléz, sessantuno anni, alias Quini o Quinigol, a livello internazionale, è ricordato soprattutto per il rapimento patito nel marzo del 1981. Un anno violento. Ovunque. Lo scandalo della P2 e la tragica fine di Alfredino Rampi in un pozzo di Vermicino, gli attentati a Ronald Reagan e a Giovanni Paolo II, quello mortale ad Anwar el Sadat ne sono il sinistro ricordo.
Anche in Spagna, dove la dittatura franchista è terminata da un lustro. Ma le (fragili) istituzioni democratiche devono guardarsi dai nostalgici del regime. A Madrid, il 23 febbraio, Re Juan Carlos di Borbone e l’esercito hanno stroncato il golpe di un reparto della Guardia Civil agli ordini del tenente colonnello Antonio Tejero Molina. Ed il 28 febbraio, sempre nella capitale, i terroristi baschi dell’Eta hanno liberato (dopo otto giorni) i consoli di Austria, Uruguay ed El Salvador.

La Liga 1980/81, però, continua. Dopo 26 turni il Barcellona è a due punti dall’Atlético Madrid, in testa da 19 gare. E nella giornata seguente c’è lo scontro diretto. Decisivo per lo scudetto.
Uno scudetto che manca ai blaugrana da sette stagioni. Troppe, se rapportate ai 6 titoli nazionali vinti nel frattempo dal Real Madrid. Tant’è che il presidentissimo Josep Lluís Nunes nel maggio 1979 ha riportato Helenio Herrera in Catalogna. Strappandolo alla B italiana ed al Rimini. È lui, il Mago, il nuovo consulente tecnico. Il primo rinforzo di qualità è stato il danese Allan Simonsen, attaccante esterno veloce, agile e con un ottimo fiuto del goal. Qualità che gli sono valse il Pallone d’Oro 1977. Ma che non sono bastate.
Tant’è che Nunes ha voluto il ritorno in panchina di Herrera, ormai sessantanovenne, al posto di Joaquim Rifé Climent, per centrare il quarto posto ed accesso alla Coppa Uefa. La campagna acquisti dell’estate 1980 è stata tra le più dispendiose. Herrera è di nuovo dietro le quinte. La panchina è stata affidata all’ungherese László Kubala. In regia c’è il tedesco Bernd Schuster, rivelatosi giovanissimo con il Colonia. Per puntellare la difesa, è giunto, dall’Athletic Bilbao, José Ramón Alexanko, attuale tecnico della “cantera” blaugrana.
Quini è arrivato per guidare l’attacco, al quale l’austriaco Hans Krankl, spesso infortunato, non è più riuscito a dare certezze. È stato scelto per prendere a spallate le difese avversarie. L’asturiano di Oviedo si è meritato a suon di reti il soprannome di Brujo (poeta o stregone). È già stato per tre volte il “Pichichi”: nel 1974 con 20 centri, nel 1976 con 21, nonostante la retrocessione dello Sporting Gijón, e nel 1979/80 con 24. Nonché l’artefice delle fortune dei “Rojiblancos”, come il secondo posto nella Liga 1979, tutt’ora il miglior piazzamento della storia.

Insomma il Brujo è l’idolo dello stadio El Molinón. E lo Sporting si è rassegnato a cederlo solo per 100 milioni di pesetas (circa 1 miliardo e 200 milioni di lire nel 1981, ovvero 2 milioni e 270.000 euro attuali secondo l’indice Istat). Soldi ben spesi. Quini ha continuato a segnare. Di destro. Di sinistro. Di testa. In dribbling. In acrobazia. Si è confermato il Poeta (o Stregone) delle aree di rigore. Ma le sue prodezze, 16 sino alla sfida con I’Hercules di Alicante, non hanno evitato l’ennesimo cambio tecnico. Perché dopo l’avvio stentato, Nunes ha deciso di congedare Kubala pregando per la seconda volta il Mago di tornare in panchina. Herrera e Quini si sono subito intesi. Sono i leader di una squadra che a fine inverno sta per coronare l’inseguimento all’Atlético Madrid capolista.
È domenica 1° marzo 1981. Barcellona e Hercules si affrontano in uno stadio stracolmo. Che assiste a un 6-0 da sballo. Il Poeta realizza due goal, il secondo e il terzo. Rafforza il primato tra i cannonieri (18). E lancia la sfida ai “Colchoneros”, prossimi avversari, che sono a più due.
Sono le 19:30 quando Quini lascia il Nou Camp. L’ultimo a parlargli è il portiere di riserva, Amador. Alle 21:30 deve essere all’aeroporto. Lo attendono la moglie Maria las Nieves Canaras ed i due figli, Lorena ed Enrique, in arrivo da Oviedo per vivere con lui la settimana che porta al match del Vicente Calderón.
Quini raggiunge casa. Telefona al suocero: sarà puntuale all’appuntamento. Non lo sarà. Un vicino di casa lo vede alle 21:00 con tre sconosciuti. Poi Quini scompare. All’ora di pranzo di lunedì la sua Ford Granada, con sportelli aperti e chiavi nel cruscotto, viene ritrovata a 200 metri da casa. I rapitori si fanno vivi solo alle 5:00 della sera.
Sono i sedicenti membri del “Battaglione Catalano Spagnolo”, gruppo di estrema destra, e scrivono in un comunicato che il giocatore sarà liberato solo l’11 marzo. Dopo la sfida contro l’Atlético: «La squadra di Herrera è separatista e non vogliamo che vinca lo scudetto».
Due ore dopo, un membro del movimento “Pre” rivendica l’azione telefonando a un giornalista del quotidiano “La Vanguardia”. Chiede al Barcellona 350 milioni di pesetas (4 miliardi di lire, 7 milioni e mezzo di euro attuali). Nella notte seguente, il Brujo chiama la moglie: «Sto bene, state calmi».
L’Atlético Madrid si offre di rinviare la partita. Herrera vuole giocarla «per dedicargli la vittoria. Noi siamo in gran forma. Loro tremendamente giù».
Il club blaugrana avvia una trattativa segreta per il riscatto. Ma è più concreta l’ipotesi, poi rivelatasi esatta, che i colpevoli siano dei criminali comuni. Altro che “Eta” o “Pre” o “Bcs”.
È la domenica della grande sfida. Che, ovviamente, si gioca. Quini non c’è. E nemmeno il Barça, battuto 1-0. Cede poi al Salamanca (2-1) e non supera il Saragozza (0-0). Addio sogni di gloria.
I giorni passano. Il 25 marzo è un mercoledì. La Spagna vince 2-1 a Wembley contro l’Inghilterra. E interrompe un sortilegio cominciato il 15 maggio 1960. È una notte storica per il calcio iberico che si prepara ad ospitare il Mondiale. La festa è completata dalla liberazione di Quini. A Saragozza.
I poliziotti arrestano subito uno dei tre (maldestri) sequestratori: quello che è con lui in un’officina meccanica. Al numero 13 della calle Geronimo Vicent. Decisive le intercettazioni telefoniche e la vigilanza sul conto bancario per versare il riscatto. Le foto di un Quini provato che abbraccia il presidente Nunes e la moglie Maria Nieves («La vera eroina di questo allucinante dramma», dice il marito) fanno il giro del mondo.
Il giorno dopo il Brujo è in campo. Fa due goal nella partitella che precede il “Clasico” con il Real Madrid. Herrera però non lo rischia al Santiago Bernabéu. Anzi, chiede (invano) che si ripetano le tre gare precedenti. I “Blancos” di Vujadin Boškov, che di lì a poco faranno fuori l’Inter di Eugenio Bersellini nella semifinale della Coppa dei Campioni, stravincono: 3-0.
Il Real piomba in zona scudetto con la Real Sociedad di San Sebastian. Mentre l’Atlético comincia a cedere e il Barcelona molla. Nonostante il ritorno di Quini, 35 giorni dopo il rapimento. Il 5 aprile gioca 10’ finali nel 2-1 in casa al Valladolid: «Chiedo scusa ai tifosi se ho giocato male», dice, «ma non ho potuto fare di più».
La Liga termina il 26 aprile. Real Madrid e Real Sociedad sono a 45 punti. Un goal di José Maria Zamora a 27 secondi dal termine allo Sporting Gijón permette ai baschi di vincere lo scudetto per la miglior differenza reti negli scontri diretti (3-1 e 0-1). Il Barcellona è quinto. Dopo Valencia e Atlético Madrid. Si consola con il quarto titolo di “Pichichi” conquistato da Quini: 20 reti. due nelle ultime tre gare.
C’è però la Copa del Rey. A Madrid, il 18 giugno nel catino del Vicente Calderón, Quini segna i primi due goal del 3-1 al “suo” Sporting. La stagione è salva per il Barcellona di Herrera, fuori al secondo turno dalla Coppa Uefa.
La carriera del Brujo prosegue per 6 stagioni. Tre in blaugrana. Le ultime con i “Rojiblancos”. Nel 1982 si conferma “Pichichi” per la terza volta (26 goal) e firma il 2-1 che vale la Coppa Coppe contro lo Standard Liegi. Ma non convince il Commissario Tecnico José Santamaria. Che nel Mondiale di casa gli concede tre spezzoni. Quello iniziale solo contro la Germania Ovest. Un’amarezza, vissuta senza drammi. Comincia da lì la parabola discendente.
Il sipario cala il 14 giugno 1987 nel Molinón: Sporting-Barça 1-0. Lascia a trentacinque anni dopo 448 gare nella Liga. È stato cinque volte “Pichichi”. Come Alfredo Di Stéfano e Hugo Sanchez. Solo Telmo Zarra ha fatto meglio. Ma negli anni quaranta.
Eppure, se Quinigol è ricordato all’estero lo deve a quei 24 giorni di trent’anni fa. Il destino, a volte, sa essere crudele.


http://ilpalloneracconta.blogspot.it/20 ... trato.html
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Dorico
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Re: AMARCORD CALCIO ESTERO

Messaggio da Dorico »

Qui il racconto dell'ultima giornata del campionato 1980/81 con il gol di Zamora e il Real Madrid che stava già festeggiando:

https://www.youtube.com/watch?v=b1T0FmxSSYY
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ars72
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Bastia 1978: la Corte dei Miracoli

PROLOGO: NASCE IL MITO
I Corsi hanno terminato al terzo posto il campionato 1977, dietro al Nantes e al Lens, ed hanno messo in mostra un gran gioco offensivo che è valso 82 gol, oltre la metà dei quali sono stati segnati dalla coppia d’attacco formata dal centravanti François “Fanfan” Felix e dal mancino fuoriclasse jugoslavo Dragan Dzajic (22 gol a testa). A fine stagione però Dzajic torna alla Stella Rossa, e il presidente Paul Natali decide di sostituirlo con un altro campione; il direttore sportivo Jules Filippi pesca infatti dal Valencia nientemeno che Johnny Rep, al quale, in sede di trattativa, vengono mostrate le splendide bellezze dell’isola, ma non certo il piccolissimo stadio Armand Cesari di Furiani, alle porte di Bastia.

Allenatore di questa squadra è Pierre Cahuzac, che con il Gazelec di Ajaccio, tra il 1963 e il 1968 ha vinto quattro campionati amatoriali francesi, e poi, una volta preso in mano il piccolo Bastia, lo ha portato ai vertici del calcio europeo. Nell’ossatura del Bastia costruito da Cahuzac, una squadra votata costantemente al gioco d’attacco, ci sono il giovane portiere Pierrick Hiard, che prende il posto del titolare Weller, mentre il perno della difesa è lo stopper Charles Orlanducci. Soprannominato il “Leone di Vescovato” (piccolo borgo a sud di Bastia), Orlanducci incarna lo spirito corso nel suo gioco coraggioso, rude ma sempre corretto; difensore attento sull’uomo, quando occorre sa proporsi in avanti realizzando spesso gol decisivi, è l’idolo dei tifosi ed è tuttora recordman di presenze con il Bastia in prima divisione.

Nel fortissimo centrocampo giocano i due “gemelli” Lacuesta e Larios, arrivati in prestito dal Saint-Etienne; grande corsa, tecnica e potenza sono le migliori qualità di questi due giocatori che, benchè molto giovani (19 e 21 anni) si integrano perfettamente nella squadra isolana. Il punto di forza del centrocampo è però il regista Claude Papi, vera anima e giocatore di maggior classe del Bastia; nel corso della Coppa realizzerà addirittura sette gol, che gli garantiranno un posto nella nazionale francese ai Mondiali 1978. La sua carriera in nazionale si fermerà a sole 3 presenze, così poche perchè nel ruolo davanti a lui c’è un certo Michel Platini (al quale non sta evidentemente simpatico, però a “Le Roi” tutto è permesso), ma Papi dimostrerà nel Bastia di essere veramente un giocatore di altissimo livello, che sa incarnare perfettamente il grintoso spirito corso, ma che alla combattività ed al coraggio associa una classe fuori dal comune. Purtroppo a soli 33 anni l’idolo di tutto un popolo viene stroncato da un infarto, ma la Corsica saprà tributargli gli onori meritati, nominandolo giocatore corso del secolo ed intitolandogli la tribuna principale del Furiani oltre che lo stadio di Porto Vecchio, sua (splendida) città natale.

Nell’attacco del Bastia, insieme a Rep (che gioca ala destra) ci sono ancora “Fanfan” Felix e l’ala sinistra Yves Mariot che però a inizio stagione si infortuna lasciando il posto al talentuosissimo mancino 17enne Jean-Marie “U Cirinu” De Zerbi, anche lui corso; la vera sorpresa (ruberà il posto a Felix) è però il marocchino Abdelkrim Merry “Krimau”; giovane talento fino ad allora discontinuo, Krimau in questa stagione mostrerà le sue qualità di giocatore tecnico e veloce, a dispetto di un fisico molto sottile.

PRIMO OSTACOLO: SPORTING LISBONA
Primo turno di Coppa Uefa 1977-78, dunque, e per il Bastia subito un’avversario d’eccezione: lo Sporting di Lisbona dell’ex fuoriclasse del Saint-Etienne Salif Keita e del potente attaccante di origine angolana Jordao . Quando i portoghesi, la sera prima dell’incontro di andata, effettuano la rifinitura sul prato del Furiani non si sono resi conto che il piccolo stadio sarà il palcoscenico della successiva notte di Coppa ma pensano di essere sul terreno di allenamento, e pertanto di affrontare poco più che una squadretta amatoriale; una tripletta di Fanfan Felix ribalta il doppio vantaggio dei biancoverdi siglato da Jordao e Fraguito per il 3-2 finale, ma l’impressione è che lo Sporting non faticherà molto a recuperare in casa la sconfitta.

In realtà, davanti ai 70mila spettatori dell’Alvalade, lo Sporting riesce a passare solo ad un quarto d’ora dalla fine con Manuel Fernandes, e a questo punto accade il primo miracolo. Trascinati da Claude Papi i Corsi si trasformano nei “Lions de Furiani” e si riversano coraggiosamente all’attacco: a quattro minuti dalla fine pareggiano con Rep, replicando due minuti dopo con Felix, per una vittoria incredibile ed insperata che spiazza tutte le redazioni dei giornali francesi (la partita è iniziata alle 22) pronte a scrivere di una buona, ma sfortunata, prestazione del Bastia sul campo dello Sporting.

14 Settembre 1977 – Stadio Furiani in Bastia.
Bastia – Sporting Lisbona 3-2
Reti: 0-1 Jordao (40), 1-1 Félix (52), 1-2 Fraguito (59), 2-2 Félix (76), 3-2 Félix (83)
Bastia: Petrovic, Burkhard, Guesdon, Orlanducci, Cazes, Lacuesta, Desvignes, Papi, Krimau (Larios 46), Félix, Mariot
Sporting Lisbona: Botelho, Artur, Manaca, Laranjeira, Da Costa (Inacio 17), Vitor Gomes, Fraguito, Baltazar, Manuel Fernandes, Jordao, Keita

28 Settembre 1977 – Lisbona
Sporting Lisbona – Bastia 1-2
Reti: 1-0 Manuel Fernandes (73), 1-1 Rep (86), 1-2 Félix (89)
Sporting Lisbona: Botelho, Artur (Inacio 42), Manaca, Laranjeira, Da Costa, Vitor Gomes, Fraguito, Aelton, Manuel Fernandes, Jordao, Keita (Freire 46)
Bastia: Petrovic, Burkhard (Marchionni 14), Guesdon, Orlanducci, Cazes, Lacuesta (Larios 76), Desvignes, Papi, Krimau (Larios 46), Félix, Mariot

SECONDO OSTACOLO: NEWCASTLE UNITED
Anche il secondo turno si presenta difficile, perchè il Bastia pesca gli inglesi del Newcastle United; l’andata è al Furiani e dopo otto minuti i Magpies sono già in vantaggio con Cannel, ma nel secondo tempo Claude Papi trascina i suoi alla vittoria dopo una prestazione magistrale condita da una doppietta, con gol del 2-1 segnato all’ultimo secondo. Anche qui però una vittoria risicata che sembra molto difficile da difendere nel caldissimo St.James Park, tanto più che sono diversi gli assenti nelle fila del Bastia, dove debutta al posto di Mariot l’ala sinistra diciassettenne “Cirinu” De Zerbi.

E invece sono proprio i micidiali dribbling di De Zerbi, oltre che un Johnny Rep in condizioni stratosferiche, ad asfaltare i Magpies sul loro terreno ed a regalare ad una squadra francese la prima vittoria in Inghilterra nelle Coppe Europee.Rep segna due gol, De Zerbi uno e a nulla serve la rete di Gowling che accorcia le distanze; il Bastia è agli ottavi, un risultato già fantastico se rapportato alla storia del club.

19 Ottobre 1977 – Stadio Furiani in Bastia.
Bastia – Newcastle 2-1
Reti: 0-1 Cannell (8), 1-1 Papi (51), 2-1 Papi (89)
Bastia: Weller, Burkhardt, Orlanducci, Guesdon, Cazes, Lacuesta, Desvignes (Franceschetti 10, Larios77), Papi, Rep, Félix, De Zerbi
Newcastle: Hardwick, Kelly, Nulty, Mc Caffery, Nattrass, Cassidy, Barrowclough, Gowling, Graig, Burns, Cannell

2 Novembre 1977 – St James Park in Newcastle.
Newcastle – Bastia 1-3
Reti: 0-1 de Zerbi (3), 0-2 Rep (8), 1-2 Gowling (35), 1-3 Rep (67)
Newcastle: Hardwick, Blackhall, Nulty (Bird 55), Mc Caffery, Nattrass, Cassidy, Cannell (Hudson 80), Barrowclough, Gowling, Burns, Graig
Bastia: Weller, Marchionni, Knayer, Guesdon, Cazes, Lacuesta, Orlanducci, Papi, Rep, Félix, De Zerbi (Larios 60)

TERZO OSTACOLO: TORINO
Novembre 1977, Zurigo, sede dell’Uefa; ci sono i sorteggi degli ottavi di finale della Coppa Uefa ed al piccolo Bastia viene accoppiato uno dei candidati per la vittoria finale: il Torino di Gigi Radice.Il Bastia ha pochissime chances di passare, tanto più che nella partita di andata Paolino Pulici porta avanti il Toro già a metà del primo tempo con un tiro al volo su cross di Claudio Sala. I corsi però si mettono a giocare pazientemente e nel finale del primo tempo pareggiano con Claude Papi , dopo un ottimo uno-due con Larios, raddoppiando al quarto d’ora della ripresa con un gol di Johnny Rep su sponda di Felix; il vantaggio di 2-1 è modesto, anche perchè Felix e Papi sprecano due ghiotte palle gol che avrebbero arrotondato il punteggio, ma consente comunque di sperare per il ritorno in Piemonte.

E’ già arrivato l’inverno quando, il 7 dicembre 1977, si gioca al Comunale di Torino la partita di ritorno su un campo completamente ricoperto dalla neve; ci sono circa settantamila spettatori, ma ben quindicimila sono tifosi dei Leoni in maglia blu, arrivati dalla Corsica e da tutta la Francia: non sanno ancora che li aspetta la notte più incredibile della storia della loro squadra… Passano venti minuti e con un gol da antologia al termine di una splendida azione collettiva Jean-François Larios porta in vantaggio il Bastia con un tiro da 25 metri, ma il Torino è una corazzata e dopo due minuti pareggia con Ciccio Graziani, che approfitta di un rinvio maldestro di Orlanducci. In apertura di ripresa segna ancora Graziani ristabilendo così la parità sul doppio incontro, con i granata che però sembrano lanciati verso il trionfo, spinti dal pubblico di casa e dal vantaggio psicologico di aver ribaltato il risultato.

Il Bastia inoltre ha diverse assenze, in attacco gioca il giovanissimo marocchino Abdelkrim Merry “Krimau”: nel prepartita Cahuzac aveva definito il suo impiego una “soluzione non ottimale, ma l’unica possibile”; ebbene, proprio Krimau, che tutti pensavano sarebbe stato in difficoltà con il suo fisico esile su un campo pesante come quello del Comunale, pareggia al 50′ dopo un’azione insistita di Cazes, e porta di nuovo in vantaggio il Bastia al 67′ con una meravigliosa corsa in solitario partita nel cerchio di centrocampo. Il punteggio non cambierà più, il Torino è in 10 per l’infortunio di Mozzini che si scontra con Rep (Zaccarelli e Castellini sono già stati sostituiti, sempre per problemi fisici), sulla neve di Torino il Bastia vince 3-2 ed i tantissimi tifosi corsi, che tanti chilometri avevano fatto per venire a vedere i loro campioni, piangono dalla gioia applaudendo Krimau e gli altri eroi della serata; il Torino ha giocato bene ma lo spirito combattivo ed il cuore dei giocatori in maglia blu, titolari e riserve, isolani e non, ha avuto la meglio in una partita da leggenda.

23 Novembre 1977 – Stadio Furiani in Bastia.
Bastia – Torino 2-1
Reti: 0-1 Pulici (24), 1-1 Papi (37), 2-1 Rep (62)
Bastia: Weller, Marchionni, Orlanducci, Guesdon, Cazes, Larios, Lacuesta, Papi, Rep, Félix, De Zerbi
Torino: Castellini, Danova, Caporale, Salvadore, Mozzini, P. Sala, Pecci, C. Sala, Butti, Graziani, Pulici

7 Dicembre 1977 – Stadio Comunale in Torino
Torino – Bastia 2-3
Reti: 0-1 Larios (19), 1-1 Graziani (22), 2-1 Graziani (47), 2-2 Krimau (50), 2-3 Krimau (65)
Torino: Castellini (Terraneo 51), Danova, Caporale, Salvadore, Mozzini, P. Sala, Pecci, C. Sala, Zaccarelli (Gorin 28), Graziani, Pulici
Bastia: Weller, Marchionni, Orlanducci, Guesdon, Cazes, Larios, Lacuesta, Papi, Rep, Krimau, De Zerbi

QUARTO OSTACOLO: CARL ZEISS JENA
Con la primavera ritornano i quarti di finale, in Coppa ci sono ancora, tra gli altri, il Barcelona (che grazie a una prestazione magistrale di Cruijff ha ribaltato al Nou Camp lo 0-3 subito in casa dell Ipswich Town), l’Aston Villa che ha eliminato l’Athletic Bilbao, l’Eintracht Frankfurt di Grabowski e Holzenbein (battuto 4-0 il Bayern di Rummenigge), il Grasshoppers che ha eliminato la Dinamo Tbilisi di Ramaz Shengelija, il PSV Eindhoven dei gemelli Van de Kerkhof e due squadre della DDR, il Magdeburgo ed il Carl Zeiss Jena. Il Bastia è il classico vaso di coccio, ma il sorteggio contro il Carl Zeiss Jena, tutto sommato è relativamente fortunato…

Il 1 marzo ritorna la Uefa al Furiani, il Bastia anche stavolta esordisce in casa ospitando l’undici tedesco che si presenta apparentemente in pigiama, a causa delle infelici divise a righine orizzontali bianche e blu; a svegliarli brutalmente ci pensa Larios con un siluro all’incrocio dopo tre minuti, sul quale Zimmer non può nulla, sul finire del primo tempo raddoppia Claude Papi e si va al riposo sul 2-0. Nella ripresa però il Carl Zeiss Jena si scioglie sotto gli attacchi dei Leoni, che segnano addirittura altre cinque volte con Mariot, Felix (2), Cazes e Franceschetti. La doppietta dell’attaccante Raab, fortissimo nel gioco aereo, riduce leggermente il passivo che resta in ogni caso umiliante, 7-2 per il Bastia che festeggia la settima vittoria consecutiva in Europa, un exploit all’epoca mai riuscito nemmeno al Real Madrid di Di Stefano.

Nonostante un vantaggio decisamente corposo, il ritorno in Germania Est è sempre da temere per le “misteriose” trasformazioni dei giocatori tedesco-orientali nelle partite di Coppa giocate in casa, durante le quali corrono al doppio della velocità degli avversari (la Roma ne sa qualcosa). In più l’ambiente è caldissimo, sia perchè lo stadio intitolato al fisico Ernst Abbe è strapieno, sia perchè un altro Corso piuttosto famoso nel 1806 proprio a Jena aveva travolto l’esercito prussiano guidato da Federico Guglielmo I (un enorme striscone con scritto “Waterloo” accoglie i 1000 coraggiosissimi tifosi del Bastia che hanno attraversato la Cortina di Ferro), e i tifosi tedeschi non mancano di sottolinearlo minacciosamente. In effetti lo Jena si porta in vantaggio abbastanza presto col solito colpo di testa di Raab, ma cinque minuti dopo Papi pareggia; la partita diventa una battaglia, i Tedeschi passano ancora tre volte ma ai loro gol risponde Krimau, la partita termina poi 4-2, il Bastia viene sconfitto ma non importa, la semifinale è stata raggiunta.

1 Marzo 1978 – Stadio Furiani in Bastia.
Bastia – Carl Zeiss Jena 7-2
Reti: 1-0 Larios (3), 2-0 Papi (41), 3-0 Mariot (57), 3-1 Raab (61), 4-1 Felix (70), 4-2 Raab (74), 5-2 Felix (77), 6-2 Cazes (80), 7-2 Franceschetti (87)
Bastia: Hiard, Marchionni, Orlanducci, Guesdon, Cazes, Lacuesta, Franceschetti, Papi, Larios, Krimau (Felix 67), Mariot (De Zerbi 67)
Carl Zeiss Jena: Zimmer, Brauer, Overmann (Schroeder 50), Weise, Kurbjuweit, Schnuphase, Noack (Krause 34), Sengewald, Toepfer, Raab, Neuber

15 Marzo 1978 – Ernst Abbe Sportfeld in Jena.
Carl Zeiss Jena – Bastia 4-2
Reti: 1-0 Raab (20), 1-1 Papi (26), 2-1 Lindemann (33), 3-1 Vogel (53), 3-2 Krimau (64), 4-2 Topfer (68)
Carl Zeiss Jena: Grapenthin, Brauer, Noack, Weise, Kurbjuweit, Schnuphase, Neuber (Sengewald 77), Lindemann, Raab, Topfer, Vogel
Bastia: Weller, Marchionni, Orlanducci, Guesdon, Cazes, Lacuesta, Franceschetti, Papi, Larios, Krimau, Rep

QUINTO OSTACOLO: GRASSHOPPERS
Il sorteggio è ancora una volta benevolo, PSV e Barcelona, le squadre di maggior prestigio, si scontrano tra di loro mentre al Bastia tocca il Grasshoppers Zurich (forse la miglior squadra svizzera di sempre nella storia delle coppe); l’andata questa volta si gioca in Svizzera contro una squadra ricca di nazionali e senz’altro superiore dal punto di vista fisico. Il Bastia passa per primo, con una serpentina di Merry Krimau servito da Papi, poi le “Cavallette” ribaltano il risultato con un giovanissimo Heinz Herrmann e Raymondo Ponte su rigore. Sempre su rigore conquistato da Rep arriva al 36′ il pareggio di Papi che spiazza il portiere svizzero. Nella ripresa la rete del centrale Montadon su corner sancisce il definitivo 3-2 per il Grasshoppers che spreca diverse occasioni per arrotondare il punteggio, il Bastia torna sconfitto, ma le possibilità di qualificazione per il ritorno sono intatte.

Il ritorno dunque, si gioca il 12 aprile al Furiani sotto una pioggia battente, davanti a 15 mila spettatori stipati come sardine sulle tribune di uno stadio che ne può contenere diecimila a malapena, si soffre, basterebbe un solo gol ma non arriva, il Grasshoppers è una squadra forte e con una difesa ben organizzata, il portiere Bebig è in giornata di grazia e ferma gli attaccanti corsi con parate miracolose; quando mancano venti minuti circa, e la tensione si sta trasformando sempre più in ansia e nervosismo, dai piedi del trascinatore Claude Papi arriva il gol che tutto un popolo sta aspettando, dopo un rinvio affannoso della difesa Papi incrocia un tiro al volo dai venti metri su cui Bebig non può nulla: gli ultimi minuti sembrano interminabili, gli Svizzeri si riversano in attacco ma le occasioni sono poche, il Bastia vince uno a zero ed è in finale, grazie all’orgoglio ed alla classe del suo giocatore più carismatico e, purtroppo, compianto. Nell’altra semifinale il Barcelona non riesce a capovolgere il 3-0 dell’andata e così il PSV Eindhoven viene a giocarsi l’andata della finale al Furiani.

29 marzo 1978 – Ardtum Stadion, Zurigo
Grasshoppers – Bastia 3-2
Reti: 0-1 Krimau (18), 1-1 Hermann (22), 2-1 Ponté (32), 2-2 Papi (37), 3-2 Montandon (53)
Grasshoppers: Berbig, Beckerr, Montandon, Hey, Niggl, Weherli, Hermann, Meyer, Sulser, Ponté, Elsener.
Bastia: Hiard, Marchionni, Orlanducci, Guesdon, Cazes, Lacuesta, Krimau, Papi, Rep, Felix, Mariot (Larios 54).

12 aprile 1978 – Stadio Furiani, Bastia
Bastia – Grasshoppers 1-0
Reti: 1-0 Papi (67)
Bastia: Hiard, Marchionni, Orlanducci, Cazes, Buckhard, Lacuesta, Larios, Papi, Aussu (Felix 53), Krimau, Mariot.
Grasshoppers: Berbig, Becker, Montandon (Nafzger 86), Hey, Niggl, Hermann, Meyer, Bosco, Sulser, Ponté, Elsener (Bachmann 74).

LA FINALE: PSV EINDHOVEN
Il 26 aprile 1978 la Corsica nord-orientale è travolta da una tempesta, il Furiani è a ridosso delle montagne ed il campo è quindi completamente allagato, ma l’arbitro jugoslavo Maksimovic decide di giocare ugualmente, i Mondiali imminenti non permetterebbero di recuperare la partita. E così per la prima mezzora della finale non si può parlare di calcio, quanto piuttosto di un arrembaggio blu alla porta di Van Beveren nonostante le pozzanghere ostacolino drammaticamente l’avanzata coraggiosa dei Leoni di Corsica, deviando i passaggi e rallentando i tiri; uno sforzo così generoso si rischia di pagarlo sul finale del tempo quando i gemelli Van de Kerkhof si rendono assai pericolosi. Nella ripresa il copione non cambia, gli Olandesi si difendono nella risaia della loro area, solamente un colpo di fortuna potrebbe aiutare a segnare un gol; purtroppo questo non arriva, ed i ventidue giocatori, oramai ricoperti completamente di fango, devono giocarsi la Coppa ad Eindhoven.

Il 9 maggio 1978 si disputa l’ultimo atto al Philips Stadion di Eindhoven, illuminato da un sole mai tanto beffardo, per la Corsica. I giocatori del Bastia sembrano avere le gambe di piombo, non riescono a frenare gli Olandesi che puntualmente passano con Willy Van de Kerkhof. La partita è a senso unico, Rep e Krimau hanno un paio di occasioni che potrebbero ribaltare il risultato ma non riescono a concretizzare; al ventesimo della ripresa si chiude l’agonia, in due minuti segnano Dyckers e Van der Kuylen e la speranza svanisce: il PSV vince la Coppa.

26 aprile 1978 – Stadio Furiani, Bastia
Bastia – PSV Eindhoven 0-0
Reti: –
Bastia: Hiard, Burkhard, Guesdon, Orlanducci, Cazes, Papi, Lacuesta (Félix 55), Larios, Rep, Krimau, Mariot.
PSV Eindhoven: Van Beveren, Van Kraay, Krijgh, Stevens, Brandts, Poortvliet, Van der Kuylen, W. Van de Kerkhof, Deyckers, R. Van de Kerkhof, Lubse.

9 maggio 1978 – Philips Stadion, Eindhoven
PSV Eindhoven – Bastia 3-0
Reti: 1-0 Willy Van de Kerkhof (23), 2-0 Deyckers (65)
3-0 Van der Kuylen (67)
PSV Eindhoven: Van Beveren, Krijgh, Brandts, Van Kraay (Deacy 79), Stevens, Poortvliet, Van der Kuylen, W. Van de Kerkhof, R. Van de Kerkhof, Deyckers, Lubse.
Bastia: Hiard (Weller 75), Marchioni, Guesdon, Orlanducci, Cazes, Papi, Lacuesta, Larios, Rep, Krimau, Mariot (De Zerbi 58).

EPILOGO
Sicuramente nel momento più importante della stagione il Bastia ha deluso, ma la Corsica e la Francia intera applaudono con orgoglio i loro campioni, tanto che l’ Equipe pubblica le righe del poeta Vittoriu d’Albitreccia “in lingua materna” “… Da Levante a Punente, l’Auropa scummossa hà scupertu una squatra, un’ isula, un populu è i ghjurnali di tutti i paesi indicanu induv’ella si trova a CORSICA ! Dimula franca, hè questa a più bella vittoria di BASTIA!”, ed è proprio vero che Papi, Orlanducci e gli altri Leoni hanno dato visibilità e prestigio ad una regione meravigliosa, onorandolo con le loro imprese di campioni per tutta l’Europa.

https://storiedicalcio.altervista.org/b ... _1978.html

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Una squadra di culto questo Bastia: il piu' famoso rimane il nazionale olandese Johnny Rep, il simbolo sarà sempre Claude Papi prematuramente scomparso a 33 anni dopo una carriera trascorsa interamente nella squadra corsa.
A lui è intitolata una piazza di Bastia ED è stata dedicata di recente una statua nello stadio Armadio Cesari.
Con Rep e Papi c'erano anche Abdelkrim Krimau che nel 1986 ai Mondiali in Messico trascinò il Marocco ad una storica vittoria contro il Portogallo e soprattutto Jean-François Larios, talentuosissimo centrocampista che arrivò ben presto in nazionale (miglior giocatore francese nel 1980) per poi pregiudicare tutto a causa di una relazione clandestina con la compagna di Michel Platini.

La sua carriera praticamente finì a 25 anni: l'esclusione maturò ai Mondiali di Spagna 1982 quando la relazione ormai è storia nota anche pubblicamente e da quel momento Larios cadde in disgrazia. Carcere per frodi, debiti, droga.
In libro autobiografico dal titolo evocativo « J'ai joué avec le feu » di recente si è definito un clochard de luxe
http://www.leparisien.fr/sports/footbal ... 395492.php
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Addio a Gordon Banks, famoso per la parata del secolo (scorso) su Pelé.


Gordon Banks e la parata del secolo


Ai Mondiali di Messica 70 l’Inghilterra uscì di scena ai quarti, ma il suo portiere Banks compì su Pelè un miracolo rimasto nella storia…




Era già Campione del mondo da quattro anni. Era uno dei calciatori inglesi più famosi, una colonna insostituibile, via via del Chesterfield, del Leicester City, dello Stoke City, della nazionale britannica.
Eppure deve la sua popolarità mondiale a… Pelè, che lo chiamò ad una parata rimasta celebre nella storia del calcio, che anzi, appartiene ormai alla storia del gioco del calcio.

1970, Messico. Si gioca a Guadalajara, poco più di mille metri di altitudine, quindi un caldo feroce. Inghilterra e Brasile debbono battersi a mezzogiorno perché alle cinque della sera a Guadalajara c’è la corrida e i messicani alla corrida non sanno rinunciare. La temperatura oscilla fra i trentacinque e i trentasette gradi all’ombra: ma sul campo, bruciato dal sole dei Tropici, sfiora i cinquanta. Lo Stadio è strapieno, ribolle di tifo, di emozioni forti, di tequila…

Gli inglesi sono campioni del mondo in carica, i brasiliani sono i grandi favoriti per l’edizione in corso. La sfida è attesissima, il Brasile ha già battuto la Cecoslovacchia, l’Inghilterra si è sbarazzata della Romania, l’incontro diretto ha il sapore di una finalissima anticipata. Ci sono tutti i grandi dell’epoca: Jackie e Bobby Charlton, i fratelli d’oro del calcio inglese; Bobby Moore, il libero che sembra un gigante ma è agile come una gazzella; le punte Ball e Peters; la rivelazione Clarke.

Sull’altro fronte, il «divino» Pelè e Jairzinho, Tostao e Carlos Alberto, Rivelino e Brito. Da Città del Messico, sono calati a Guadalajara tutti i tecnici del mondiale, l’occasione è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire; c’è anche il nostro indimenticabile Nereo Rocco sudato, eccitato, entusiasta, che prima del match, nella piazza antistante lo Stadio, rovente come un forno, dice: «Gavemo el megio del fotbal mondial. Andemo a veder sti mona come el zoga, vogio veder se fan catenazzo…». No, non fecero catenaccio.

Il Brasile parte come una furia, gli inglesi subiscono, il caldo li stronca quasi subito, vanno sotto e ci restano. E al quarto d’ora l’«evento». Jairzinho, che il terzino Cooper tenta invano di controllare, sgattaiola sulla destra leggero e imprendibile, sfiora la linea di fondo, traversa al centro. Pelè, una pantera, si alza e, a un metro dal gol, colpisce di testa, con incredibile violenza, schiacciando la palla a terra, nell’angolo più lontano da quello dove è piazzato Gordon Banks, che evidentemente si aspettava che Jairzinho stringesse al centro per concludere da solo.

È una questione di centesimi di secondo: si vede Banks inarcarsi nell’aria, volare da palo a palo, colpire la palla col pugno mentre sta rimbalzando, violenta dal terreno verso l’alto, verso il fondo della rete. Ma Banks riesce ad alzarla oltre la traversa, la «parata impossibile» si stampa negli occhi dei settantamila dello Stadio, tutti si alzano in piedi a gridare, pazzi di ammirazione e di entusiasmo. Pelè, impietrito a un passo da Banks, improvvisamente si riscuote, abbraccia il portiere inglese, gli stringe la mano, poi torna verso il centrocampo scuotendo il capo, sembra quasi di sentirlo mormorare «Impossibile, era impossibile e lui lo ha fatto…».

Vinse il Brasile, uno a zero, un gol stupendo di Jairzinho, al quarto d’ora della ripresa. Parte da centrocampo il gran macinatore di gioco Tostao, con Pelè sulla destra. Un rapido scambio, Jairzinho scatta in profondità, Pelè si avvicina all’area degli inglesi, potrebbe battere a rete. Ma no, forse «ha paura» di Gordon Banks, teme il sortilegio del portiere che gli ha parato un tiro imparabile, intravede Jairzinho sulla destra, un’ombra nera che scivola sull’erba come la pantera quando sta per scattare sulla preda, un tocco leggero, in verticale: Jairzinho si avventa, una rasoiata a filo d’erba il grande Gordon Banks che tenta l’uscita è folgorato in contropiede.

L’Inghilterra è out, il Brasile sarà campione del mondo per la terza volta: a Guadalajara, i fortunati che c’erano hanno visto una delle più belle partite di tutta la storia del calcio mondiale. E, soprattutto, hanno visto «quella» parata di Gordon Banks, che non potrà scendere in campo nel quarto di finale contro la Germania di Gerd Muller per infortunio. Fu rimpiazzato da un oriundo italiano, Bonetti che incassa tre gol; Inghilterra addio: senza Gordon Banks è facile andare a rete contro i bianchi, che a Leon, in un pomeriggio dal cielo velato di nubi basse e grigie, lasciano sull’erba giallastra di un campo quasi di provincia (poco più di ventimila gli spettatori…) il titolo di campione del mondo. Lo raccoglierà sette giorni più tardi il grande Brasile nella maestosa cornice dell’Azteca frantumando i sogni di gloria dell’Italia di Ferruccio Valcareggi e della staffetta Mazzola-Rivera.

Gordon Banks resta nella storia del calcio mondiale non soltanto per la prodezza di Guadalajara, si capisce. Fu campione del mondo nel ’66, in Inghilterra, fu un portiere moderno, incredibilmente abile nelle uscite, acrobatico e scattante fra i pali, un atleta completo. Aveva uno strano sorriso cavallino, era un po’ strabico, carattere estroverso ed allegro e fu molto sfortunato dopo tanta fortuna. Prima un grave incidente d’auto, poi una insidiosa malattia agli occhi, gli negarono quella lunga carriera che avrebbe sicuramente percorso, con la sua classe e la sua immensa esperienza. Giocò comunque, ben settantatré partite in nazionale, oltre cinquecento nel campionato inglese, fu campione del mondo, negò a Pelè un gol che sarebbe rimasto memorabile. Può bastare per riempire una vita…

https://storiedicalcio.altervista.org/b ... banks.html

la parata di Banks su Pelé

https://www.youtube.com/watch?v=HNLam4RAbg8
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Re: AMARCORD CALCIO ESTERO

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Bellissima rievocazione di un calcio da rimpiangere e calciatori tutti di un pezzo. Per pura precisione statistica dico solo che chi ha scritto l'articolo ha preso un granchio su Bonetti, il portiere del Chelsea non era oriundo italiano, ma aveva genitori svizzeri, lui era già nato in Inghilterra
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Messaggio da ars72 »

A proposito dell'Union Berlin promossa ieri per la prima volta della sua storia nella Bundesliga ecco un pezzo che ne spiega un pò la storia leggendaria in occasione della celebrazione dei 50 anni di storia nel 2016.

50 anni di Union Berlin, la squadra punk di Berlino Est che inneggiava contro la Stasi

Sportivamente parlando, Berlino è molto quotata per quanto riguarda il basket e l’hockey su ghiaccio. Il calcio invece, divide in due la città. L’ipotetico muro della fede calcistica vede da una parte l’Hertha Berlin, uno dei club più antichi di Germania che spesso lotta per la salvezza in Bundesliga (quest’anno invece sta andando benissimo) e dall’altra l’Union Berlin, società pressochè sconosciuta a livello europeo che invece attira le simpatie di moltissimi nuovi berlinesi. Nelle ultime stagioni, l’Union ha giocato nel secondo campionato di Germania, la Zweite Bundesliga, e quest’anno si è celebrato il cinquantesimo anno di attività di questa società che è l’unica a Berlino ad avere origini “umili”. In contrapposizione con gli altri club di origini elitarie, Hertha compreso, l’Union Berlin nacque per il volere di alcuni metalmeccanici appassionati di calcio e durante il periodo della DDR è stata la squadra patrocinata dal sindacato degli operai.

Eisern Union, anima e sangue della squadra

Fortemente politicizzata, la tifoseria dell’Union Berlin, gli Eisern Union (un gioco di parole che si traduce come “unione di ferro” facendo comunque riferimento al lavoro in fabbrica) sono il principale motivo per cui l’Union Berlin attira cosi tante simpatie a sé. Negli anni, i tifosi hanno dimostrato un attaccamento alla maglia bianco-rossa fuori dal comune e soprattutto una creatività quasi unica; A dimostrarlo ci sono iniziative promosse negli anni che hanno fatto la storia.

Quella più clamorosa è stata senz’altro la WM Wohnzimmer per cui la società (anch’essa composta da tifosi, a partire dal presidente) ha permesso a 800 fan di portare all’interno del campo da gioco altrettanti divani per guardare le partite della Coppa del Mondo del 2014. Oltre ad aver vinto dei premi come il Fan Experience a Barcellona, questo evento ha fatto conoscere l’Union a molti nuovi berlinesi.

Ed è proprio il sangue dei tifosi ad essere stato la salvezza della società, letteralmente. L’Union Berlin ha infatti vissuto il periodo successivo alla reunificazione tedesca tra mille difficoltà economiche, tanto che per ben due volte non ha ottenuto il certificato per giocare in Zweite-Liga nonostante la promozione ottenuta sul campo e nel 2004, con un ammanco di un milione e mezzo di euro, gli Eisern hanno promosso un’iniziativa per vendere il proprio sangue alle emeroteche degli ospedali in modo da donare il ricavato alla società. L’iniziativa è stata molto seguita tant’è che l’allora sindaco di Berlino, Klaus Wowereit, ha donato un prelievo del suo sangue e molte celebrità hanno fatto lo stesso. Fondamentale è stato l’aiuto arrivato dalla tifoseria gemellata del St. Pauli.

Quattro anni dopo, i tifosi hanno salvato di nuovo la società garantendo l’omologazione del vecchio stadio Alte Försterei di Köpenick: la società mancava di fondi per i necessari lavori di ristrutturazione e cosi oltre 2000 tifosi hanno letteralmente ricostruito lo stadio dopo 140mila ore di lavoro.

Le origini povere dell’Union Berlin si sono incrociate con la storia della Germania stessa e non è un caso che la Dynamo Berlin, temibile (e temuta) squadra della STASI, fosse l’acerrima rivale degli Eisern. Anche per questo motivo gli spalti delle partite dell’Union si sono riempiti di punk e hippy che trovavano nelle tribune dello stadio un luogo di momentanea libertà. Massima espressione di questo fenomeno è l’inno dalla squadra composto da una leggenda del punk mondiale: tifosa della prima ora, Nina Hagen ha composto nel 1998 Eisern Union, canzone che viene ascoltata prima di ogni incontro casalingo dell’Union.

Uno dei momenti migliori per avvicinarsi alla cultura dei tifosi dell’Union è Natale, quando lo stadio viene aperto a tutti e si festeggia a suon di glühwein. Qui le canzoni di natale sono alternate con i cori che la tifoseria canta durante le partite. Il tutto è nato nel 2003 quando una settantina di tifosi si riunirono allo stadio per fare festa, quest’anno erano presenti circa 25.000 persone.

20 Gennaio 1966: nasce l’Union

Il 24 gennaio 2016 si è giocata all’Alte Försterei l’amichevole contro il Borussia Dortmund. L’incontro, vinto 3-1 dal Dortmund, celebrava il mezzo secolo di attività dei bianco-rossi, esattamente cinquant’anni prima nasceva l’1. FC Union Berlin. Le origini della squadra in realtà, sono riconducibili fino al 1906, quando nacque l’Olympia Oberschöneweide. Poi le vicissitudini delle guerre e della divisione portano il club a cambiare nome e sede molte volte. Nel 1961, con la costruzione del Muro, molti giocatori si spostano a ovest e formano una Union Berlin che gioca con le squadre occidentali e nel ’66, la squadra ad est prende l’attuale nome. Inizia cosi un andamento di prestazioni altalenanti che vedono la squadra scendere e salire dalla DDR-liga mentre la Dynamo vince stranamente dieci campionati di fila. L’unico trofeo conquistato è la Coppa di Germania Est del 1968 (foto di copertina).

Quando, nel 1990, la Germania torna ad essere una sola nazione, l’Union naviga in cattive acque finanziarie e nel ’93 e nel ’94 è costretta a rimanere nella Oberliga vedendosi negata l’iscrizione alla Zweite Liga nonostante la vittoria del campionato. Ma il migliore momento della cinquantennale storia dell’Union è all’inizio del nuovo millennio quando nella stagione 2000/01 riesce finalmente a qualificarsi alla seconda divisione tedesca ed addirittura arriva in finale di Coppa di Germania che perderà contro lo Schalke 04. L’anno successivo, da neopromossa in Zweite Liga, la squadra chiude la stagione in sesta posizione e riesce anche ad arrivare al secondo turno di Coppa UEFA, il tagliando per la competizione europea è arrivato grazie alla finale dell’anno prima. Nonostante i risultati però, la situazione finanziaria si aggrava e nel 2004 la squadra sprofonda nei campionati regionali e viene salvata solo grazie al sangue dei tifosi. Il 2007 è l’anno della resurrezione e da allora l’Union Berlin milita in Zweite Liga, quest’anno la squadra sta avendo delle difficoltà e un cambio di allenatore potrebbe essere la svolta per allontanarsi dalla zona retrocessione.

Nonostante giochi in un campionato minore, l’Union attira a sé le simpatie di molti berlinesi e anche chi segue il più serio Hertha, non può non subire il fascino di una squadra di calcio che ha una storia simile alla città in cui risiede fatta di divisioni e problemi economici, ma anche di creatività e spirito fuori dal convenzionale. Arrivata al traguardo dei cinquanta, non si può non augurare alla squadra un altro mezzo secolo di attività, magari senza trofei importanti, ma sempre con divani in campo ed un inno punk.

berlinocacioepepemagazine.com

E questo è l'accattivante inno cantato da Nina Hagen.. "Eisern Union"

https://www.youtube.com/watch?v=TvU8Akgk8YQ
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L'Argentina piange il 'Tata' Brown: fu campione del mondo 1986. Maradona: "Eri un toro"

Dopo una lunga lotta con il morbo di Alzheimer, il 62enne ex difensore argentino si è spento questa notte lasciando un grande vuoto fra ex compagni ed appassionati di calcio argentini. Roccioso difensore, Brown ha giocato 36 partite con la maglia dell’Argentina segnando un gol, proprio nel giorno del Mondiale vinto 3-2 contro la Germania Ovest.

José Luis 'Tata' Brown, campione del mondo con l'Argentina nel 1986, è morto all'età di 62 anni per una malattia degenerativa. Lo ha annunciato l'Estudiantes, club che lo ha visto protagonista per otto anni. In carriera Brown ha poi giocato in Colombia con l'Atlético Nacional, in Francia con il Brest e in Spagna con il Real Murcia prima di fare ritorno in Argentina.

Lo scorso gennaio era stato ricoverato d'urgenza per le conseguenze dell'Alzheimer. Successivamente le sue condizioni sono ulteriormente peggiorate. "Senza José Luis Brown, non avremmo mai vinto il Mondiale nel 1986. Non ti sei mai lamentato di nulla, Tata", è il messaggio con cui Diego Maradona ha ricordato sui social l'ex compagno di squadra.

Con l'Albiceleste il difensore ha collezionato 36 presenze e un goal, quello del vantaggio argentino nella finale del Mondiale vinta sulla Germania (3-2), una partita in cui Brown restò in campo nonostante una spalla lussata. Brown è stato anche allenatore e, con Sergio Batista, ha guidato la selezione che ha vinto la medaglia d'oro alle Olimpiadi del 2008, che comprendeva Messi, Riquelme e Aguero.

https://it.eurosport.com/calcio/l-argen ... tory.shtml

Dopo José Cuciuffo scomparso tragicamente durante una battuta di caccia nel 2004 Brown è il secondo campione del mondo argentino del 1986 che se ne va.
Nei giorni scorsi Carlos Bilardo ct di quella nazionale e affetto dalla sindrome di Hakim-Adams era stato operato d'urgenza a Buenos Aires.
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Mondiali 1994, il 9 gennaio la rivincita di Italia-Brasile

Il prossimo 9 gennaio le nazionali di Italia e Brasile che si contesero il Mondiale nel 1994 rigiocheranno quella partita a Fortaleza. Tra gli Azzurri, oltre a chi faceva parte di quella spedizione, saranno presenti anche altri come Rossi, Panucci e Schillaci

Il rigore che Roberto Baggio calcia alle stelle è una diapositiva nitida nella mente di tanti appassionati italiani. L’Italia cede ai rigori il titolo mondiale al Brasile, nell’edizione del 1994 giocata negli Stati Uniti. La CBF, cioè la federazione calcistica brasiliana, ha annunciato che il 9 gennaio ci sarà la rivincita di questa storica sfida con i campioni del passato che giocarono la finale di Pasadena. La gara si disputerà allo stadio "Presidente Vargas" di Fortaleza. Nel Brasile – allenato dal ct di allora, Carlos Parreira – già annunciata la presenza di Taffarel, Gilmar Rinaldi, Cafu, Jorginho, Marcio Santos, Aldair, Ricardo Rocha, Ronaldo, Branco, Mauro Silva, Dunga, Mazinho, Bebeto, Zinho, Paulo Sergio e Viola. La Nazionale Italiana conterà su Franco Baresi, Albertini, Apolloni, Zola, Benarrivo, Berti, Costacurta, Casiraghi, Evani, Mussi, Massaro e Tassotti; ci saranno inoltre gli Azzurri di altre epoche, come Panucci, Schillaci, Vierchowod, Eranio e Paolo Rossi. Per assistere a questo incontro, basteranno pochi euro: i biglietti infatti variano dai 2 ai circa 5, nel cambio dalla valuta brasiliana.

https://sport.sky.it/calcio/mondiali/20 ... ia-brasile
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''Resto del Mondo'': la storia del team che univa i più forti calciatori del pianeta

Immaginate Messi, Neymar e Cristiano Ronaldo nell’attacco della stessa squadra. Un sogno? Sì. Anche se in passato una fantasia del genere non sarebbe stata così irrealistica. Fino a quindici-vent’anni anni fa infatti, quando il sistema calcio trovava anche il tempo per poter “rifiatare” (senza l’ossessione di dover proporre ai telespettatori una partita ufficiale al giorno), era possibile assistere a match epici che seppur amichevoli avevano come protagonisti i più forti giocatori del pianeta.

Si trattava degli incontri della rappresentativa “Resto del mondo”, una squadra messa su dalla Fifa dal 1963 al 2002 e che ha permesso a giocatori come Eusebio e Di Stefano, Yashin e Beckenbauer, Ronaldo e Weah di giocare assieme con la stessa maglia. Abbiamo ripercorso la storia di queste romantiche sfide.

Inghilterra-Resto del Mondo 2-1 (26 ottobre 1963) – A organizzare quella che fu definita dalla stampa dell’epoca la “partita del secolo” fu l’Inghilterra, in occasione del centenario della sua federazione, la Football Association. La FA sfidò la Fifa a mettere su una squadra con i migliori calciatori del pianeta. Il match fu giocato il 23 ottobre 1963 a Wembley, davanti a centomila persone.

Da una parte c’era la squadra inglese più forte di sempre, quella di Gordon Banks, Bobby Moore, Bobby Charlton e Jimmy Greaves, che tre anni dopo si laureerà campione del mondo. Dall’altra una squadra selezionata dal cileno Fernando Riera così composta: 1 Yashin, 2 Djalma Santos, 3 Schnellinger, 4 Pluskal, 5 Popluhár, 6 Masopust, 7 Kopa, 8 Law, 9 Di Stefano, 10 Eusebio, 11 Gento.

Praticamente in un solo rettangolo di gioco c’erano il meglio del meglio del calcio mondiale, con un’eccezione: Pelé. Il Santos infatti proibì al più forte giocatore di sempre di partecipare all’incontro per evitare possibili infortuni. Un vero peccato.

La partita si concluse con la vittoria degli inglesi per 2-1, con rete dell’esordiente Terry Paine, pareggio di Denis Law su assist del subentrato Ferenc Puskas e definitivo gol di Jimmy Greaves.

Spagna-Resto del Mondo 0-3 (27 settembre 1967) – Nel 1967 il Resto del mondo ritorna in campo, questa volta sfidato dalla federazione spagnola per celebrare il 65esimo compleanno di uno dei calciatori iberici più forti di sempre: il portiere Ricardo Zamora.

Ad allenare il “mondo” c’è Helenio Herrera, allenatore della “Grande Inter” che contemporaneamente rivestiva anche il ruolo di commissario tecnico dell’Italia insieme a Ferruccio Valcareggi. Il “mago” decise di puntare su diversi giocatori italiani (le cui squadre all’epoca facevano man bassa di Coppe dei campioni). Ne uscì questa formazione: 1 Sarti, 2 Burgnich, 3 Schenllinger, 4 Cooke, 5 Ure, 6 Coluna, 7 Hamrin 8 Rivera, 9 Mazzola, 10 Eusebio, 11 Corso.

La Spagna (orfana anche della stella Luisito Suarez) perse per 3-0 nonostante la presenza dei campioni d’Europa Iribar e Marcellino. Segnarono Sandro Mazzola ed Eusebio nel primo tempo e il subentrato Fernand Goyvaerts.

Brasile-Resto del Mondo 2-1 (6 novembre 1968) – E venne anche il giorno di Pelè. Dopo il “no” del Santos nel 1963 e una serie di infortuni, la “perla nera” riuscì finalmente a partecipare alle sfide del Resto del Mondo, seppur da avversario. Fu infatti il suo Brasile a sfidare la rappresentativa il 6 novembre del 1968, per festeggiare il decimo anniversario del primo Mondiale vinto dai verdeoro in Svezia, nel 1958.

Al Maracanà di Rio de Janeiro il Brasile mise in campo molti dei giocatori che si laureeranno campioni del Mondo nel 1970: oltre a Pelè anche Carlos Alberto, Jajrzinho e Rivelino. Dall’altra parte gli undici scelti dal tedesco Dettmar Cramer furono: 1 Yashin, 2 Novak, 3 Marzolini, 4 Beckenbauer, 5 Schulz, 6 Scesternev, 7 Amancio, 8 Szucs, 9 Albert, 10 Overath, 11 Dzaijc.

Non il massimo onestamente, vista anche l’assenza degli inglesi campioni del mondo che non presero parte alla sfida per il rifiuto della federazione inglese. A spuntarla fu a un minuto dalla fine il Brasile, che si impose con il risultato di 2-1 grazie alle reti di Rivelino e Tostao. Florian Albert siglò invece l’unico gol per gli ospiti.

Argentina-Resto del Mondo 1-2 (25 giugno 1979) – Di livello ben superiore è la squadra che scende in campo il 25 giugno 1979 a Buenos Aires contro l’Argentina. L’occasione è quella di onorare il primo anniversario del mondiale vinto dalla Seleccion nel 1978. In panchina per il Resto del Mondo c’è Enzo Bearzot, commissario tecnico che condurrà tre anni dopo l’Italia sul tetto del mondo.

L’Argentina schiera Fillol, Passarella, Ardiles e un giovanissimo Diego Armando Maradona, allora 19enne, che in quella partita fa già vedere di che pasta è fatto, segnando il gol del vantaggio con un imprendibile sinistro a giro.

Dall’altra parte la formazione era questa: 1 Leao, 2 Kaltz, 3 Cabrini, 4 Tardelli, 5 Pezzey, 6 Krol, 7 Causio, 8 Platini, 9 Rossi, 10 Asensi, 11 Boniek. A questi undici campioni si aggiunse nel secondo tempo il brasiliano Zico, colui che ribalterà il risultato segnando il punteggio sul 2-1, dopo il pareggio ottenuto grazie a un’autorete di Galvan.

Europa-Resto del Mondo 3-2 (7 agosto 1982) - Nell’agosto dell’1982 si sfidano a New York, in una partita giocata a favore dell'Unicef, una selezione dei migliori giocatori europei contro la squadra del Resto del Mondo. Si tratta di un incontro inedito, mai giocato su un rettangolo di calcio. A leggere i nomi presenti viene la pelle d’oca.

L’Europa, allenata dal duo Bearzot-Derwall, gioca con Zoff in porta, Coelho, Beckenbauer, Krol e Pezzey in difesa, Stojkovic, Boniek, Tardelli e Antognoni a centrocampo, Blokhin e Rossi in attacco. Il Resto del Mondo allenato da Tele Santana vede N'kono tra i pali, Duarte, Romero, Bernardi e Junior in retroguardia, Belloumi, Falcao, Socrates e Zico in mediana, Hugo Sanchez e Chinaglia avanti.

L’Europa si impone con una clamorosa rimonta, dopo essere andata sotto per 2-0 in virtù delle reti messe a segno nel primo tempo da Zico e Belloumi. Dopo i gol del subentrato Keegan e Pezzey, sarà Giancarlo Antognoni, a due minuti dalla fine, a realizzare il definitivo 3-2.

Americhe-Resto del Mondo 4-3 (27 agosto 1986) – Con la medesima finalità della partita precedente, questa volta è una selezione delle Americhe a scendere in campo contro il Resto del mondo. L’incontro si svolge al Rose Bowl di Los Angeles un mese dopo la finale di Messico ‘86.

Gli allenatori del Resto del Mondo sono Franz Beckenbauer e Johan Cruijff, forse l’unica stella a non aver mai giocato questo tipo di partite. Il team si schiera con Jennings tra i pali, Amoros, Butcher, Stielike e Renquin in difesa, Strachan, Lerby, Magath e Rocheteau a centrocampo, Rossi e Belanov in attacco.

Il team dell’America guidato da Bilardo e Milutrinovic esordisce così: Pumpido, Pereira, Silva, Brown, Servin, Alemão, Falcão, Nuñes, Negrete, Maradona, Cabañas.

Dopo i novanta minuti finisce con il risultato di 2-2: Butcher, Rossi, Cabañas e Maradona i marcatori. Saranno decisivi i calci di rigore che vedranno trionfare la squadra del “Pibe de Oro” per 4-3.

Germania-Resto del Mondo 3-1 (8 ottobre 1991) – Allo stadio olimpico di Berlino, sempre per beneficenza, a sfidare il Resto del Mondo è per la prima volta la Germania. La rappresentativa, allenata da Bobby Robson e Bora Milutinovic, scende in campo con Goycoechea tra i pali, Mozer, Ruggeri, Ricardo Gomes e Jorginho in difesa, Armstrong, Waddle, Stojkovic e Gullit a centrocampo, Stoichkov e Weah in attacco.


Sotto la direzione del fischietto italiano Lo Bello, la Germania si impone per 3-1 grazie all’autogol dello sfortunato Ruggeri e alle reti di Beiersdorfer e Effenberg. Il gol della bandiera per il Resto del Mondo lo sigla Stoichkov.

Brasile-Resto del Mondo 2-1 (14 luglio 1996) – A 28 anni dalla sua ultima apparizione è nuovamente la nazionale verdeoro a giocare (al Giants stadium di New York) contro il Resto del Mondo, anche in questo caso per contribuire alla causa Unicef.

E’ la prima volta di Ronaldo. Con il Fenomeno ci sono Roberto Carlos, Rivaldo, Juninho e Bebeto. Il Resto del Mondo allenato dal trio Nielsen - Milutinovic - Sampson vede Campos in porta, Matthaeus, Hierro, Desailly e Fish in difesa, Harkes, Laudrup, Redondo e Ginola a centrocampo, Klinsmann e Miura in attacco.

A spuntarla è il Brasile per 2-1: in gol per i sudamericani Bebeto e Roberto Carlos, per il Resto del Mondo: Klinsmann.

Asia-Resto del Mondo 3-5 (3 luglio 1997) – Gara pirotecnica e ricca di colpi di scena quella che va in scena all’Hong Kong Stadium tra la selezione dell’Asia e quella del Resto del Mondo guidata da Milutinovic e Venglos. Il match è organizzato per celebrare il ritorno della città di Hong Kong nel territorio cinese.

A spuntarla saranno gli ospiti con un rocambolesco 5-3 maturato grazie alle reti di Weah, Alfonso, Sukur, Reyna, Papin. Azizi, Al-Enazi e Bagheri i marcatori per gli asiatici.

La formazione del “mondo”: Kopke, Hierro, Verlaat, Matthaus, Dunga, Ze Elias, Reyna, Alfonso, Sukur, Weah e Papin.

Russia-Resto del Mondo 0-2 (18 agosto 1997) - C’è la Russia in campo contro il Resto del Mondo per celebrare i 100 anni del calcio russo e gli 850 anni della città di Mosca.

In panchina nuovamente Bobby Robson e Bora Milutinovic che scelgono questi undici: Zubizarreta, Vega, Verlaat, Matthaus, Suarez, Winter, Guerrero, Effenberg, Djorkaeff, Papin, Shevchenko. Allo stadio Lužniki la rappresentativa si imporrà per 2-0 grazie alle reti di Djorkaeff e Guerrero.

Europa-Resto del Mondo 2-5 (4 dicembre 1997) – La Fifa decide di riproporre, in occasione dei sorteggi per la fase finale dei mondiali 1998, la sfida tra Europa e Resto del Mondo. Il criterio di selezione dei giocatori è più “democratico”: viene scelto un calciatore per ogni squadra che parteciperà ai prossimi mondiali di Francia.

L’Europa di Beckenbauer entra sul rettangolo di gioco così: 1. Köpke, 2 Pfeifenberger, 13 Lacatus, 4 Costacurta, 5 Hierro, 6 Lemoine, 7 Balakov, 8 Ince, 9 Kluivert , 10 Zidane, 11 Boksic. Invece il Resto del Mondo, affidato al brasiliano Parreira: 1 Songo'o, 2 Hong, 3 Margas, 14 Nyathi, 5 Naybet, 6 Bernal, 7 Nakata, 8 Sellimi, 9 Batistuta, 10 Ronaldo, 11 De Avila.

Ronaldo e Batistuta regalano spettacolo (doppietta per entrambi) e portano al trionfo il Resto del Mondo (l’altro gol è siglato da De Avila) battendo per 5-2 l’Europa (in rete Zidane e Lacatus).

Turchia-Resto del Mondo 4-4 (9 settembre 1998) – In occasione dei 75 anni della federazione calcistica turca, il Resto del Mondo guidato ancora da Perreira sfida la Turchia nello stadio İnönü di Istanbul. Questa la formazione scelta dall’allenatore brasiliano: Taffarel, Njanka, Hogh, Popescu, Pashazadeh, Lambert, Stoijkovic, Hagi, Dunga, Guerrero e Papin.

La partita, ricca di gol, finirà in pareggio con il risultato di 4-4. Per i padroni di casa in rete Baljic (doppietta), Demirci e Davala. Per gli ospiti, rimasti in 10 in virtù dell’espulsione di Taffarel, tripletta di Hagi e marcatura del francese Papin.

Italia-Resto del Mondo 6-2 (16 dicembre 1998) – Batistuta, Ronaldo, Weah e Zidane: tutti insieme con la stessa maglia. Allo stadio Olimpico di Roma, il 16 dicembre del 1998, ritorna una rappresentativa Resto del Mondo con i fiocchi. Questa volta c’è la nostra Nazionale di calcio a vedersela con loro. La Figc infatti ha deciso di riproporre l’originale modello della FA inglese, organizzando una specie di “partita del secolo italiano” per celebrare il suo centenario.

L’undici dell’Italia: Peruzzi, Panucci, Cannavaro, Nesta, Maldini, Fuser, Dino Baggio, Albertini, Di Francesco, Inzaghi e Totti. Quello del Resto Del Mondo: Pagliuca, Ze Maria, Dunga, Hierro, Nyathi, Winter, Rui Costa, Zidane, Weah, Ronaldo, Batistuta.

Nonostante i nomi altisonanti a spuntarla saranno gli azzurri per 6 a 2, grazie alla tripletta di uno scatenatissimo Enrico Chiesa (subentrato a Totti) e con gli altri gol siglati da Inzaghi, Di Francesco e Fuser. Per gli ospiti andranno in rete Batistuta e Weah.

Dal 1999 al 2001 – Dopo l’apparizione italiana il Resto del Mondo diventa solo un’esibizione senza reale valore sportivo. Si è già entrati nel “calcio moderno” fatto di sponsor e diritti tv e c’è poco tempo per partite di questo genere. Gioca solo chi ha meno impegni. Tra il 1999 e il 2001 la rappresentativa scenderà in campo cinque volte, ma con formazioni meno blasonate rispetto al passato.

Si gioca il 12 giugno del 1999 in Australia per l’inaugurazione dello stadio di Sidney (con vittoria dei padroni di casa per 3-2). E nello stesso anno, il 17 agosto, contro una selezione africana a Johannesburg (risultato 2-2) per rendere omaggio a Nelson Mandela.

Nel 2000 due match: il 25 aprile a Sarajevo per la “partita della pace” l’avversario è la Bosnia (finisce 1-0 con gol di Roberto Baggio) e il 16 agosto in Francia (5-1 per i padroni di casa). Il 3 gennaio del 2001 infine in vista dei Mondiali che si disputeranno in Corea e Giappone, c’è tempo per un incontro tra una selezione dei due paesi asiatici vs il Resto del Mondo allenato da Arrigo Sacchi (1-1 il punteggio finale).

Real Madrid-Resto del Mondo 3-3 (18 dicembre 2002) – Ma per quella che sarà l’ultima apparizione di questo “dream team” che ha attraversato quarant’anni di storia del calcio, si fanno le cose in grande. Al Santiago Bernabeu di Madrid la sfida è contro il Real, che quel giorno festeggia il suo centenario.

Davanti a 60mila spettatori e una formazione che conta tra le sue file Figo, Ronaldo, Zidane e Raul, il Resto del Mondo diretto da Scolari schiera con Cavallero, Cafu, Marquez, Maldini, Lizarazu, Ballack, Baraja, Nakata, Rivaldo, Baggio e Klose. Nella ripresa entreranno poi tra gli altri Kakà, Mijatovic ed Eto’o.

Risultato finale: 3-3. Per i padroni di casa in rete Cambiasso, Tote e Solari, per gli ospiti Klose, Cissè e Kakà. Tanti gol e spettacolo per un’unica, ultima, serata.

https://www.barinedita.it/

Nel video i gol di Argentina-Resto del mondo del 1979 in onda in questi giorni su Raisport...Partita giocata al massimo, molto sentita con falli ed esultanze vere

https://www.youtube.com/watch?v=q1_Xa6b ... =emb_title
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Coronavirus: morto Ahmed Radhi, leggenda del calcio iracheno

Aveva 56 anni, nel 1986 contro il Belgio firmò quello che finora è l'unico gol segnato dall'Iraq in una fase finale di un Mondiale

E' morto per il coronavirus all'età di 56 anni Ahmed Radhi, il più famoso calciatore iracheno di tutti i tempi autore dell'unico gol della nazionale a un mondiale. Lo ha reso noto il ministero della salute dell'Iraq. Radhi, 56 anni, ha segnato quello che rimane l'unico gol iracheno in Coppa del Mondo, nel 1986 contro il Belgio (1-2). Era stato ricoverato in ospedale la scorsa settimana a Baghdad dopo essere risultato positivo al test per il coronavirus, giovedì le sue condizioni sembravano migliorate. Poi la situazione è di nuovo peggiorata e stava per essere trasportato in un ospedale di Amman in Giordania, ma è morto nella notte.

Radhi aveva trascinato l'Iraq alla conquista della Coppa del Golfo nel 1984 e nel 1988, quando fu votato miglior calciatore dell'Asia. Ai mondiali in Messico del 1986 aveva realizzato il gol contro il Belgio che resta l'unica marcatura della nazionale asiatica in un torneo iridato. L'Iraq fu però sconfitto 2-1 ed eliminato dalla competizione con zero punti. Nel 2006 aveva lasciato il Paese per la Giordania dopo che il Comitato olimpico aveva perso la sua indipendenza a causa delle violenze settarie ma era rientrato in Iraq l'anno dopo per tentare la carriera politica entrando in parlamento al posto di un deputato ucciso. Nel 2014 e nel 2018 non riuscì però a farsi eleggere dopo essersi candidato con l'Alleanza nazionale, una coalizione di figure sciite e sunnite. La notizia della sua morte è stata accolta con grande commozione nel Paese: "Atleta senza eguali e figlio dell'Iraq" lo ha definito il nuovo ministro dello Sport, Adnan Darjal, anche lui un ex calciatore.

repubblica.it

Belgio -Iraq 2-1 con il gol di Radhi

https://www.youtube.com/watch?v=Mn2TQLwNcnc
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Addio Jackie Charlton, l'unica leggenda inglese amata in Irlanda

Se ne va a 85 anni uno dei campioni del mondo dell'Inghilterra del 1966, passato alla storia anche per aver portato lontano la Nazionale dell'Eire come Commissario Tecnico


Non deve essere stato semplice vivere nell'ombra di una leggenda come il fratello Bobby, forse il calciatore inglese più iconico della storia del football. Ma Jack, detto Jackie, non dava l'idea di preoccuparsene molto. Anzi, l'idea che dava era della persona con cui saresti andato volentieri al pub parlando di calcio o di pesca, l'altra sua grande passione, L'altro Charlton, come spesso veniva ingiustamente chiamato, se n'è andato dopo 85 anni vissuti a modo suo.
Bandiera del Leeds, dove ha collezionato la bellezza di 773 presente entrando di diritto nella storia del club, vanta il titolo di campione del mondo con la maglia dell'Inghilterra nel 1966. In quell'edizione fu presente in tutte le sfide che hanno portato i sudditi di Sua Maestà sul trono più alto del pianeta, Schierato difensore centrale al fianco di Bobby Moore, era l'anima rude di quel reparto. Passare dalle sue parti, insomma, era abbastanza complicato.

La carriera da allenatore lo ha fatto conoscere in tutto il mondo per l'esperienza alla guida dell'Eire, trascinata a traguardi impensabili. Nell'Europeo del 1988 ha battuto l'Inghilterra regalando alla splendida isola cattolica momenti di euforia da far impallidire la festa di San Patrizio. A Italia '90 si è fermato solo ai quarti di finale contro gli azzurri padroni di casa che sono riusciti a vincere di misura con il solito gol di Schillaci.

Quattro anni dopo si ritrova di fronte ancora la Nazionale italiana, questa volta allenata da Sacchi, e la beffa vincendo 1-0 nella prima partita del girone di Usa '94. Era impossibile non amare quella squadra che giocava sempre allo stesso modo, senza troppi sofismi, con un kick and rush riaggiornato ma sempre alla ricerca di un calcio offensivo. Ed era impossibile non amare lui, il grande Jackie. L'unico inglese adorato in Irlanda. E scusate se è poco.

https://www.sportmediaset.mediaset.it/c ... 002a.shtml
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Bruno Martini è morto: la Francia piange il grande portiere sobrio e solitario che leggeva Goethe e parava tutto

Bandiera dell’Auxerre negli anni 90, 31 presenze in Nazionale per la quale ha lavorato a lungo come tecnico, è scomparso a soli 58 anni. Il cordoglio di Deschamps: «Onesto e rigoroso, è sempre stato un uomo fedele a se stesso»

Joel Bats scriveva canzoni e poesie, Bruno Martini leggeva Goethe, Celine e ascoltava Bach e Mozart ed era anche appassionato giocatore di scacchi. Erano i portieri intellettuali della Francia degli anni 80 e 90, un filone in qualche modo seguito da Hugo Lloris, oggi capitano dei campioni del mondo.

Martini se ne è andato martedì 20 ottobre a 58 anni, otto giorni dopo l’attacco cardiaco che lo aveva colpito nel parcheggio del centro di formazione del Montpellier, il club per il quale lavorava attualmente e con il quale aveva concluso la sua carriera di calciatore nel 1999. I suoi grandi amori erano stati l’Auxerre e la Nazionale (31 presenze e 76 convocazioni): aveva vinto l’Europeo under 21 del 1998, battendo anche l’Italia di Paolo Maldini e Nicola Berti, ed era lui il titolare della Francia allenata da Platini, imbattibile nelle qualificazioni all’Europeo 1992, ma poi fatta fuori dalla Danimarca che avrebbe vinto il titolo a sorpresa. Con i Bleus, Martini aveva lavorato come allenatore dei portieri, fino al 2010.

Nel 1991, questo numero uno sobrio, efficace, davvero mai sopra le righe – che era diventato professionista solo dopo aver fallito l’abilitazione per diventare insegnante di educazione fisica - era arrivato tredicesimo nella classifica del Pallone d’oro (vinto dal connazionale Papin), miglior portiere di tutta Europa. Nel 1993 aveva raggiunto con l’Auxerre la semifinale di Coppa Uefa, venendo eliminato ai rigori dal Borussia Dortmund poi sconfitto in finale dalla Juve di Roby Baggio. Da giovanissimo ha tenuto la porta inviolata dell’Auxerre per 892 minuti di fila, un record durato cinque anni.

Didier Deschamps, tra i tanti messaggi di cordoglio per una morte che ha colpito duramente il calcio francese, fa una sintesi del professionista e dell’uomo: «Bruno è sempre stato fedele a se stesso: rigoroso, competente nel suo lavoro, onesto e pertinente nelle analisi, attento all’interesse collettivo e rispettoso nel suo rapporto con gli altri». Un solitario con la passione per il gruppo.

corriere.it

Un grande RIP
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