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ars72
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Messaggio da ars72 »

Addio a Captain Beefheart
grande visionario del rock



Artista creativo e assolutamente originale, rimarrà per sempre nella storia della Los Angeles dei freak come alter ego di Frank Zappa. Dalla Magic Band di fine anni Sessanta all'uscita dalla scena di metà Ottanta, alla rinascita come pittore
di ERNESTO ASSANTE


Donald Van Vliet, alias Captain Beefheart, è morto ieri in California. Van Vliet era malato da tempo di sclerosi multipla. Con lui scompare uno dei grandi visionari del rock degli anni Sessanta e Settanta, compagno di strada di Frank Zappa, artista creativo e inimitabile, figura di riferimento per molti musicisti dei decenni successivi.

Per molto tempo Captain Beefheart è stato quasi un alter ego di Zappa, incarnando il lato più oscuro, istintivo e iconoclasta della controcultura freak. La sua stessa vicenda artistica e personale è strettamente legata negli anni Sessanta a quella del "genio" di Baltimora. Anch'egli cresce ai limiti del deserto di Mojave, manifestando sin dalla più giovane età una spiccata vocazione artistica, non solo musicale ma anche come pittore e scultore. Giovanissimo si trasferisce a Cucamonga dove Zappa aveva appena approntato il suo studio di registrazione e i due vengono così in contatto. Suonano insieme negli anni della gavetta, ma poi si separano per divergenze soprattutto caratteriali.

Van Vliet forma quindi la Magic Band e fa suo il vezzo dadaista di attribuire a ogni membro del gruppo un personaggio, un'identità, con un nome a esso collegato. Il leader è, così, Captain Beefheart, il chitarrista Jeff Cotton si trasforma in Antennae Jimmy Seemens e il batterista John French diventa Drumbo. La magic Band esegue un rhythm'n'blues musicalmente sporco e scalcinato su cui svetta la voce graffiante, allucinata e inquietante di Captain Beefheart, dotato di una estensione vocale di ben sette ottave e mezza. E' però il momento del beat di importazione britannica e il gruppo non riesce a trovare un discografico disposto a puntare su un sound talmente istintivo e viscerale da vedere nel torrido e malato blues del Delta di inizio secolo il proprio, più credibile, progenitore.

La Magic Band registra quell'anno due dischi che vedranno la luce solo alcuni anni dopo. Mirror Man, pubblicato nel '71, è registrato dal vivo e contiene quattro brani che vanno ben oltre il formato dei tre minuti richiesto dalle radio nel '65. Quattro lunghe allucinazioni sonore dove si mescolano in modo sporco ma affascinante blues, rhythm'n'blues, improvvisazioni free jazz, mentre la voce del leader, attraverso una continua emissione di urla, grugniti e rantoli, enuncia testi idioti. Si tratta di musica destinata all'emarginazione, così come resta ai margini, per scelta, la cultura freak e il suo rifiuto bohemien della civiltà dei consumi. Captain Beefheart non è dotato della consapevolezza intellettuale di Zappa, ma Mirror Man è sicuramente un affresco impressionista da brividi di ciò che era il messaggio freak.

Safe as Milk, che vede la luce nel '67, è il primo disco di studio della Magic Band e presenta connotati piuttosto diversi. I brani sono dodici e la loro durata viene riportata ai canonici tre minuti. Se il lavoro di studio lima certe vette di pura libertà espressiva e sperimentale di Mirror Man, la base è sempre quel blues scorticante caratterizzato da steel guitar sgangherate ma efficacissime, una batteria libera da vincoli e la solita voce "posseduta". Captain Beefheart carica ogni brano di un corredo di gag e umorismo parodistico che lo accomuna a Zappa.

Ma se Zappa è diventato nel frattempo una star, Captain Beefheart e il suo seguito di psicopatici vivono nel più completo isolamento artistico, sabotati persino dai loro discografici, i quali manipolano i master della band per coprire gli effetti più sconci e orripilanti. Ed è proprio Zappa che decide di offrire al vecchio compagno di strada l'occasione per incidere un disco nella più totale libertà artistica, senza limiti di tempo e di budget. Beefheart amplia così la band, inserisce una sezione di fiati e si cimenta egli stesso al clarinetto basso. Ne scaturisce nel '69 Trout Mask Replica, vera e propria antologia del caos. Doppio album, ventotto brani di breve durata nei quali si scatenano tutte le componenti caratteristiche dei dischi precedenti. Dal punto di vista strettamente musicale si tratta di anarchia pura, improvvisazioni disordinate e devastanti cui fanno da contraltare dei blues privi di accompagnamento in cui Beefheart dà tutto se stesso, sfoggiando il suo allucinante repertorio di urla e versi bestiali. Sono presenti tra un brano e l'altro i caratteristici siparietti chiacchierati, cui partecipa lo stesso Zappa, ma in Trout Mask Replica l'umorismo viene soppiantato da un delirio al limite della psicosi. E' la chiara, definitiva, forse disperata manifestazione di odio verso la inquadrata, ordinata, gerarchizzata società del benessere industriale che ha reso prigionieri anche i giovani.

La vicenda di Captain Beefheart continuerà sino alla metà degli anni Ottanta, tra improvvisi ammorbidimenti, legati al tentativo di diventare una star anche in termini di vendite, e susseguenti rigurgiti della sua potenza devastatrice. Quindi il ritiro dalle scene e la rinascita come pittore. La sua figura resta comunque fissata nella storia della Los Angeles dei freak come il complemento, in termini di follia, dell'opera di Frank Zappa, e come romantico e straordinario esempio di come si potesse coniugare in maniera assolutamente originale arte, libertà e rock.

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ars72
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Messaggio da ars72 »

Addio a Mick Karn: morto lo storico bassista dei Japan
Lutto nel mondo della musica per la scomparsa di Mick Karn.


L’ex bassista dei Japan è morto all’età di 52 anni mercoledì 5 gennaio nella sua casa a Londra, a causa di un tumore diagnosticatogli nel giugno 2010, già in fase avanzata.

Il musicista cipriota -- naturalizzato britannico -- è noto sopratutto per fatto parte dei Japan, uno dei gruppi più influenti della New Wave inglese della fine degli anni ‘70, guidati dalla figura carismatica di David Sylvian. All’interno della band non disdegnava dilettarsi anche alle tastiere, fiati e percussioni.

Mick Karn, al secolo Anthony Michaelides, considerato uno dei più dotati e originali bassisti della musica britannica a cavallo fra gli anni ’70 e ’80, è morto ieri nella sua casa londinese, circondato da famigliari e amici, dove era giunto qualche giorno fa, dopo essersi sottoposto all’ultimo ciclo di cure.

Per sostenere il musicista nelle spese richieste per la terapia, diversi colleghi come Midge Ure, Porcupine Tree e Masami Tsuchiya avevano tenuto diversi concerti benefici. L’ultimo dei quali si è tenuto il 4 settembre in Italia a Caerano di San Marco (Treviso) con la partecipazione di Alice e Aldo Tagliapietra. I fondi raccolti dall’appello hanno permesso a Mick e alla sua famiglia di tornare a curarsi a Londra.

Nel 1982 i Japan si sciolsero e lo stesso anno Karn pubblicò un album solista intitolato “Titles”. Nel 1984 è uscito invece “The Waking Hour”, disco realizzato in collaborazione con Peter Murphy dei Bauhaus e accreditato col nome di Dalis Car. Un’esperienza, questa, durata poco: Mick Karn preferì infatti proseguire la strada di solista e talvolta come musicista turnista per altri artisti.

Nella sua carriera, all’insegna della sperimentazione, aveva collaborato fra gli altri con Peter Murphy, David Torn, Midge Ure, Kate Bush, Joan Armatrading e Ryuichi Sakamoto.

Subito dopo l’annuncio della sua morte, sul suo sito ufficiale e sul suo profilo Facebook è stato pubblicato il seguente messaggio:

«Chiedete a qualunque bassista chi siano i suoi bassisti preferiti e probabilmente tra questi sarà compreso Mick Karn. Molti infatti hanno intrapreso la carriera di bassista grazie al suo modo di suonare. In Giappone lo hanno definito “the God of bass guitar”, la sua influenza musicale è indiscussa, ha cambiato il modo di ascoltare e suonare il basso per le generazioni a venire».

( www.ilquotidianoitaliano.it )

triste notizia..grandissimo artista..

RIP
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Re: Musica

Messaggio da Web »

Notizia tristissima...Mick Karn era il mio bassista preferito, aveva un modo particolarissimo di suonare il basso che fece epoca e anche molti tentativi di imitazione poco riusciti. L'avventura coi Japan è stata breve ma intensissima, il gruppo di David Sylvian ci ha lasciato dischi indimenticabili. A me non dispiaceva neppure il disco del Dali's Car, sempre innovativo, sempre sulla linea di sound Japan, ma più indipendente nelle idee, e soprattutto più dark, anche se ormai a metà anni Ottanta la new wave iniziava a declinare.
Un mito della musica ci lascia, R.I.P.
Chiunque puo essere chiunque (Luke Rhineheart - "L'uomo dei dadi")
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Re: Musica

Messaggio da ars72 »

Si sciolgono i White Stripes, una delle band cult del rock


E' la seconda volta, ma ora è per sempre. E' il due del "Seven Nation Army", che diventò il "Po-Popopo-Po" dei Mondiali. All'origine i problemi dopo il divorzio di Jack e Meg White


NEW YORK - Addio alla band più cult del rock. Jack e Meg White divorziano: ma stavolta - la seconda - è per sempre. Dal 2 febbraio i White Stripes non ci sono più. Il duo del Po-Popopo-Po, cioè "Seven Nation Army", la canzone che diventò l'inno non-ufficiale dei mondiali di calcio del 2006, ha deciso di farla finita. Nello stile disincantato che ha contrassegnato i 14 anni di vita della band.

"I White Stripes sono lieti di annunciare che oggi, 2 febbraio 2011, la loro band è ufficialmente finita, e che non realizzeranno più nuovi dischi o concerti", si legge sul sito della casa discografica di Jack, "The Third Man". " La ragione" continua il comunicato "non è dovuta a differenze artistiche o alla mancanza di volontà di continuare. E neppure a problemi di salute, visto che sia Meg che Jack stanno benone. E' invece per una miriade di ragioni: ma soprattutto per preservare ciò che di bello e speciale c'è nella band, e che deve restare per sempre".

Ma c'è poco da scherzare. Proprio i problemi di salute di Meg, caduta in depressione dopo il divorzio, hanno fatto saltare tempo fa una serie di concerti alla band. Da anni, poi, Jack ha invece avviato la sua seconda vita: traslocando dalla decadente Detroit alla campagnola Nashville, sposando la modella Karen Elson e dividendosi tra una serie di progetti secondari. Dead Weather e Racounters sono i suoi nuovi marchi di fabbrica. "It Might Get Loud" si chiama il film del premio Oscar Davis Guggheneim in cui campeggia, senza Meg, accanto ai miti Jimmy Page dei Led Zeppelin e Edge degli U2. E l'ultimo amore è un vecchio idolo del countryrock, Wanda Jackson, la donna che rivaleggiava con Elvis Presley e a cui ora Jack ha regalato una seconda giovinezza, producendo l'ultimo disco.

I White Stripes sono stati il gruppo più interessante della scena rock degli ultimi 15 anni. Minimalisti ma rumorosissimi - lui chitarra, lei batteria - non hanno mai concesso musicalmente nulla al sound commerciale. Però per conquistare 5 Grammy e vendere sei milioni di copie di dischi hanno utilizzato tutti i trucchi dello show business. Facendo propria la lezione del look, che per primi lanciarono i Beatles, e presentandosi così sempre abbindati di rosso e bianco, i colori della band che compaiono in tutti i concerti e tutti i dischi. Ma divertendosi anche a sfruttare il gossip: facendosi pubblicità con la storia, inventata, secondo cui non erano marito e moglie, ma fratello e sorella. Una ricetta fortunata, che ha portato Jack a esibirsi perfino alla Casa Bianca di Barack Obama. Una storia complicata, con una vicenda d'amore così intrigante che per amore di Meg, che di cognome fa White, quel matto di Jack (nato John Anthony Gillis) si era perfino ribattezzato.

Il comunicato annuncia adesso che il materiale inedito, da studio e live, continuerà a essere pubblicato. Ma l'avventura dei White Stripes, a tre anni dal sesto e ultimo album, "Icky Tump", è finita per sempre. E, malgrado il comunicato ufficiale, non proprio come speravano i fan.

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kira
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Re: Musica

Messaggio da kira »

National + Beirut a luglio
Reduci dal successo ottenuto con la pubblicazione dell'ultimo album "High Violet" e dopo il sold out registrato dal concerto di novembre a Milano, tornano in Italia i National per un'unica data in Piazza Castello a Ferrara, nell'ambito della rassegna Ferrara Sotto Le Stelle. Come ospite d'eccezione ci sarà Beirut, per la prima volta in Italia. L'appuntamento è per martedì 5 luglio - apertura porte ore 19.30, inizio concerti ore 20.30 - ed il prezzo del biglietto è fissato in 30 euro più i diritti di prevendita. (ondarock)
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Re: Musica

Messaggio da ars72 »

Anni 70, teste di punk
contro il sistema

Musica, grafica, abbigliamento: una mostra a Roma rilancia il movimento dei Sex Pistols e sostiene che non era moda ma arte vera

Nostalgia? Feticismo? O una sorta di catalogo di modernariato? Niente di tutto questo, assicura Eric de Chassey, direttore dell'Accademia di Francia a Roma, a proposito della mostra «Europunk - la cultura visiva punk in Europa, 1976-1980». De Chassey, che della rassegna a Villa Medici è curatore con la collaborazione di Fabrice Stroun del Mamco di Ginevra, ha raccolto per la prima volta un notevolissimo catalogo di oltre cinquecento «residuati», come direbbero i Sex Pistols, provenienti da collezioni private: T-shirt della premiata ditta Malcolm McLaren-Vivienne Westwood al tempo in cui quest’ultima disegnava i capi fetish venduti nel negozio Sex al 430 di King's Road e non era ancora una stilista di fama internazionale elevata al rango di Dama dalla regina Elisabetta; serigrafie e illustrazioni e manifesti disegnati dall’artista-pubblicitario anarchico-situazionista Jamie Reid e destinati a provocare nel giro di pochi mesi una vera e propria rivoluzione estetica in ogni angolo del globo; fanzine ciclostilate o fotocopiate all’insegna del più rigoroso Do-It-Yourself come per esempio la storica Sniffin' Glue, che fin dalla testata («sniffando colla») omaggiava gli apripista newyorkesi Ramones; copertine di dischi di gruppi che di lì a poco sarebbero diventati leggendari, si pensi ai Clash di Joe Strummer poi contestati dagli anarchici Crass in quanto «merce» al soldo del capitalismo, oppure destinati a coltivare nel corso dei decenni un seguito di pochi ma entusiasti aficionados, come i pordenonesi Tampax.

Già, perché la mostra ha appunto un respiro europeo, e comprende anche materiali provenienti da Paesi come il nostro, oltre che dall’Olanda e dalla Francia, dalla Germania e dalla Svizzera. Se dunque il punk era già diventato oggetto di una cosa all’epoca semplicemente impensabile, ovvero di una sorta di musealizzazione, vedi la retrospettiva «Punk» tenutasi alla galleria The Hospital di Londra nel 2004, nessuno aveva ancora mai guardato a ciò che venne prodotto in quegli anni contrassegnati da un’incredibile urgenza comunicativa anche al di qua della Manica. Quanto al messaggio che proviene da Villa Medici, è chiaro: non si tratta di reperti attinenti alla moda o al design di quel tempo, e neppure di esempi di grafica di rottura o di materiali pubblicitari, ma di vere e proprie opere d’arte, benché i rispettivi creatori abbiano sempre rifiutato l’idea di considerarle tali e soprattutto di ottenere una qualche legittimazione da parte dei critici o del circuito di gallerie e musei a cui invece ambiscono tanti street-artist di oggi. Del resto, è sufficiente pensare alle caratteristiche intrinseche del punk delle origini: non solo il caos e l’anarchia e quindi il rifiuto delle regole, ma anche la derisione, lo sberleffo, l’ironia, la parodia.

Dada, Costruttivismo, Situazionismo: l’estetica e gli slogan del punk discendono direttamente da queste avanguardie del Novecento. Ed è con la prima apparizione televisiva dei Sex Pistols nell'agosto del 1976 nel programma So It Goes che la violenza come canone estetico del punk arriva a contatto con un pubblico diverso da quello che affolla i primi concerti della band, e non a caso è da questo filmato che la mostra prende il via. Quelle immagini rendono evidente come al di là delle apparenze non si tratti soltanto di un fenomeno musicale. La rivolta contro l’ipocrisia che permea la società e la vacuità del pop, poi destinata a riprodursi in tanti altri contesti, dalle proteste dei chaoten tedeschi contro il nucleare ai concerti a favore dei minatori inglesi in sciopero alle marce contro l’installazione dei missili Cruise, passa anche per il sovvertimento dei codici estetici tradizionali. Simboli nazisti e pornografia, topi e scarafaggi diventano a un tratto «armi usate contro l’ordine stabilito».

Per sistematizzare materiali e linguaggi tanto eterogenei, Eric De Chassey e Fabrice Stroun hanno individuato otto percorsi: oltre alla miccia che innescò il tutto nell'estate del 1976, ossia i Sex Pistols, ecco il collettivo francese Bazooka, che in luogo della musica scelse proprio le arti grafiche e il fumetto, puntando a invadere i mezzi di comunicazione; poi ecco l’arte del Do It Yourself, applicata alle riviste come ai vestiti, usati anch'essi per comunicare; quindi, le contraddizioni di un movimento che «non disprezza di mostrare simboli e loghi provenienti da diverse fonti, come la disillusione nei confronti delle pretese rivoluzionarie, l'apologia della violenza, il fascino del terrorismo, il compromesso e il radicalismo». E ancora la regressione come strategia di comunicazione, e infine il ritorno all’ordine con la New Wave. Nel mezzo, una sezione ci riguarda da vicino, ed è quella dedicata al caso italiano. Mentre in Inghilterra molti giovani sceglievano di esprimere la loro rabbia e la loro frustrazione attraverso il punk, in Italia questo stesso sentimento si sarebbe espresso in forme diverse, compresa la scelta tragica e senza ritorno del terrorismo.

Mentre la casa editrice Arcana rimanda in libreria la versione aggiornata e comprensiva di interviste inedite di Il Grande Sogno Inglese di John Savage, «il più bel libro scritto sul punk» secondo il New Musical Espress (e lo stesso Savage è autore di uno dei testi del catalogo della mostra), colpisce trovarsi di fronte a questi «residuati» della fine degli Anni Settanta dovendo fare i conti con il fatto che in fondo si tratta, oltre che di opere d’arte, delle testimonianze di un’avventura in un certo senso profetica. Che cosa c'è di più di attuale per i ventenni di oggi, non solo europei ma anche tunisini, egiziani, albanesi, dello slogan «No Future» e degli autobus disegnati da Jamie Reid e diretti rispettivamente a «Nowhere» e «Boredom»?

( www.lastampa.it )
..........................


. La ricostruzione x gruppi e tematiche è accattivante e cmq passare in serie fanzine e loghi punk col sottofondo di anarchy in the uk è piacevole di suo.
La mostra è articolata in 8 sale divise x gruppi e temi, dai Sex Pistols al Post punk- New Wave nell'ultima stanza in cui spicca l'omaggio ai Joy Division con maxi poster di Unknown Pleasures e proiezione del video di Transmission. Interessante la sala interamente dedicata ai francesi Bazooka ( che a villa Medici a Roma giusto sopra la scalinata di Trinità dei Monti a P.zza di Spagna dove c'è la mostra, sono quasi di casa visto che lì c'è l'Accademia di Francia ): articoli e inserzioni trasgressive sul giornale Liberation degli anni 70, manifesti rivoluzionari etc .
Ci sono tutti i primi numeri della rivista Sniffin'glue, foto di concerti, collage di immagini punk. Per quanto riguarda poster e locandine vincono per distacco i Clash..suggestivo in particolare " THE CLASH ATLAS " che pubblicizza l'album Giv'em enough rope con la mappa mondiale a sfondo rigorosamente rosso fine anni '70 con le foto di Joe Strummer e gli altri 3 in mezzo a rivoluzionari, terroristi e prigionieri politici di mezzo mondo dalla Cambogia, all'Angola all'Italia ( quelli delle BR ).
Magari il prezzo di 6 euro è un pò eccessivo perchè immagini, locandine, poster ormai si trovano a dismisura su internet, però per chi ama il genere direi che è una mostra quasi imperdibile e tutto sommato anche ben organizzata: facile da vedere,sale spaziose, c'è il bar interno e il giovedi sera ogni settimana è prevista pure la proiezione di un docufilm con djset in tema.
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Re: Musica

Messaggio da kira »

Nuove uscite...o quasi.

Radiohead – The King Of Limbs

Immagine

The King Of Limbs, l’ottavo disco in studio del gruppo, è stato pubblicato on line nei formati mp3 e wav il 18 febbraio; a partire dal 29 marzo darà disponibile in formato CD e dal 9 maggio nell’edizione “newspaper”, che conterrà due vinili, oltre a vari artwork e un CD. Il singolo tratto dall’album si chiama Lotus Flower, concentrato di suoni electro-pop, dal 18 febbraio 2011 disponibile sul canale ufficiale YouTube del gruppo inglese. Sembra che il titolo del disco abbia tratto spunto da una vecchia quercia della Wiltshire's Savernake Forest che si ritiene avere mille anni. Il disco si presenta alquanto diverso rispetto ai precedenti, molta elettronica e voglia di rimettersi in discussione.

Tracklist
1) Bloom - 5:15
2) Morning Mr. Magpie - 4:41
3) Little by Little - 4:27
4) Feral - 3:13
5) Lotus Flower - 5:01
6) Codex - 4:47
7) Give Up the Ghost - 4:50
8 ) Separator - 5:20



I fans dei 3 Doors Down sono in attesa dell’ultimo lavoro dei loro beniamini, la cui uscita è prevista per il 12 aprile 2011 e di cui si conosce già il titolo, Time Of My Life. Intanto a gennaio ce n’è stato un assaggio, attraverso il lancio sul mercato del singolo che fa da apripista all’intero album, dal titolo When You're Young, molto melodico.
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Musica

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Il 1 giugno gli Einstürzende Neubauten a Roma

La sala Santa Cecilia del Parco della Musica di Roma ospiterà un evento eccezionale, con il live di una delle band più importanti e significative della recente storia della musica europea. I berlinesi Einstürzende Neubauten tornano ad esibirsi in Italia per la preview del festival dei nuovi suoni MIT – Meet In Town, che quest’anno si svolgerà il 22 e 23 luglio.
Poche band hanno saputo innovare e sperimentare come questo gruppo che, tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta, ha saputo rappresentare la società post-industriale di quei decenni. Nuovi suoni realizzati con strumenti atipici, inventati e costruiti, tubi flessibili, turbine, bidoni, compressorI. Un modo inedito d’intendere la musica, intessendo rari elementi melodici con dissonanze e rumori.
Gli Einstürzende Neubauten - letteralmente in tedesco “nuovi edifici che crollano” - hanno realizzato album di grandissimo impatto, come i primi “Kollaps”, “Die Zeichnungen Des Patienten O.T.” e “Halber Mensch”. Opere che hanno influenzato intere generazioni di artisti: dal noise newyorkese di band come i Sonic Youth, a nomi come Nine Inch Nails e Killing Joke, senza dimenticare gli italiani CCCP. Un’altra caratteristica importante della band è sempre stata l’approccio spiccatamente teatrale dei loro show e in particolare dell’impostazione vocale del cantante e leader Blixa Bargeld (anche chitarrista dei Bad Seeds di Nick Cave). Un elemento espressivo d’avanguardia con cui gli Einstürzende esprimono temi ossessivi, raccontando storie di autodistruzione, e di emarginazione. Nel tempo il sound dei E.N. si è fatto più morbido, nella seconda metà degli anni Ottanta, ed in particolare con l’album Haus Der Lüge dell’89, si è andato infatti stemperando nella familiarità della forma canzone e dell’inglese, anche se la voglia e la capacità di sperimentare non hanno mai abbandonato la formazione che ha recentemente festeggiato il proprio trentennale di attività.
Con l’atteso live degli Einstürzende Neubauten ha inizio il percorso di avvicinamento verso uno dei momenti più attesi della stagione musicale, con la seconda edizione di quel MIT festival che lo scorso anno ha riscontrato un grande successo di pubblico e che quest’anno torna a fine luglio in un’edizione rinnovata e ancor più ricca di grandi guest internazionali.

Mercoledì 01/06/2011
Sala Santa Cecilia, ore 21
Biglietti:
Posto unico: 25.00 euro


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Re: Musica

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Marley 30 anni dopo, reggae e' nel mondo
Scomparso l'11 maggio 1981, aveva solo 36 anni ma era una star


Trent'anni fa, l'11 maggio 1981, un cancro si e' portato via Bob Marley. Aveva solo 36 anni, ed era una star planetaria. Marley sta al reggae e alla musica terzo mondista come Elvis e i Beatles stanno al rock'n'roll e al pop. Senza di lui la storia della musica in levare, che e' uno dei simboli della Giamaica, sarebbe rimasta un episodio circoscritto, sicuramente non sarebbe arrivata al top della classifiche nel mondo. E' indiscutibile che alla sua straordinaria vicenda abbia dato un contributo decisivo Chris Blackwell, illuminato fondatore della Island Records e gran mogul della discografia mondiale (per lui hanno inciso, King Crimson, Traffic, gli U2), che non solo ha inserito il leader dei Wailers nel circuito internazionale ma, puntando anche sul legame storico che esiste tra la Giamaica e l'Inghilterra, ha fatto si' che il reggae si diffondesse come un virus nella musica di alcune super star del rock, tipo Clapton e Rolling Stones. Marley e' stato un leader naturale, un personaggio dotato di un carisma impareggiabile e della rara capacita' di parlare un linguaggio universale. Per la Giamaica e' una sorta di santo. E non soltanto per la convinzione con cui sosteneva la religione rasta ma anche per il ruolo di pacificatore nella politica della sua isola, un ruolo che, nonostante si definisse estraneo alla politica, gli costo' un tentativo di omicidio.

Naturalmente non e' stato un frutto isolato, visto che apparteneva a quella generazione che ha portato il reggae in giro per il mondo e che ha suonato e scritto musica accanto a personaggi come Peter Tosh, Bunny Livingston, per non parlare di formidabili strumentisti come Junior Marvin o Aston Barret. La verita' e' che, come si conviene ai grandi creatori, Marley ha saputo reinventare il reggae esaltandone le componenti soul, rhythm and blues e pop che i musicisti giamaicani ascoltavano alla radio, e consegnandogli una dimensione quasi profetica con testi che sono diventati inni universali alla pace, alla fratellanza, all'uguaglianza, perfettamente allineati con le aspirazioni collettive del suo tempo. La sintesi perfetta della simbiosi tra Bob Marley e il suo pubblico sta nel concerto di San Siro, a Milano, il 27 giugno del 1980: 100 mila persone riunite in uno stadio per un evento ai limiti del misticismo che rimane uno dei momenti di massimo benessere collettivo nelle vicende musicali (e non solo) del nostro Paese. Il suo ultimo concerto risale a tre mesi dopo, il 23 settembre a Pittsburgh. Poi il ricovero a Monaco di Baviera e quello a Miami da dove non tornera' piu'.

Per Bob Marley vale la stessa regola che si puo' applicare ad altri giganti della musica popolare: non esiste una carriera planetaria senza grandi canzoni. ''Jammin''', ''One Love'', ''No Woman No Cry'', ''Get Up Stand Up'', ''I Shot The Sheriff'', ''Redemption Song'' sono brani che vanno bel al di la' del reggae. In breve: sono dei classici. L'eredita' lasciata da Marley e' immensa e ovviamente non riguarda solo sua moglie Rita o i figli Ziggy, Stephen e Damian che sono musicisti affermati. Sul finire degli anni '70 Bob Marley ha fatto scoprire al grande pubblico un nuovo modo di concepire la musica e la vita, ha aperto la strada all'idea di world music, ha imposto sonorita' e tematiche che appartenevano al terzo mondo e riaccostato la musica popolare al pacifismo e all'egualitarismo militanti. Sempre fedele al suo motto: ''Chi ha paura di sognare e' destinato a morire''.

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Bob Dylan, i 70 anni del genio enigmatico
Gigante ultimi 50 anni, riesce sempre a sorprendere


ROMA - Il 24 maggio Bob Dylan compirà 70 anni e c'é da scommetterci che il più indifferente alla ricorrenza sarà proprio lui, Robert Allen Zimmerman, forse il più enigmatico tra i geni della musica popolare. Nessuno come lui si è accanito contro il suo mito, divertendosi a spiazzare pubblico e critica con scelte sorprendenti che vanno dalla svolta elettrica degli anni '60 alla conversione al credo dei Cristiani rinati fino al recente approdo agli spot pubblicitari, Victoria Secret compreso (ma per gli investitori rappresenta un testimonial formidabile). Per non parlare del rapporto che ha con il suo repertorio, che rende spesso indecifrabile al pubblico dei suoi concerti.

Bob Dylan e' un gigante della cultura degli ultimi 50 anni: come ha detto Bruce Springsteen nel discorso con cui nel gennaio 1988 ha introdotto la sua inclusione nella Rock and Roll Hall of Fame: "Bob ha liberato le nostre menti nello stesso modo in cui Elvis ha liberato il nostro corpo. Ci ha dimostrato che il fatto che questa musica abbia una natura essenzialmente fisica non significa che sia contro l'intelletto". Da questo punto di vista il suo contributo è addirittura difficile da definire: con i dischi incisi negli anni '60 all'inizio della sua carriera, ha aperto alla musica popolare le porte della grande letteratura, creando un modello (il cantautore) e un mito contro cui ha lottato tutta la vita. Il fatto è che proprio le sue canzoni più celebri di quel periodo, così immerse nella tradizione popolare americana e al tempo stesso assolutamente anti retoriche nella loro essenza, hanno rappresentato, e ancora rappresentano, la sintesi perfetta dello spirito di quel tempo, diviso tra le aspirazioni a un mondo migliore, il rifiuto della guerra, la ricerca di un'identità per i giovani, da poco diventati effettivamente una nuova categoria sociologica. Ma da The Frewheelin' Bob Dylan, Blonde on Blonde, The Times They Are a Changin' e Highway 61 Revisited sono passati quasi 50 anni e Dylan, che ha sempre ostinatamente rifiutato il ruolo del profeta, li ha trascorsi tra alti e bassi, svolte improvvise e iniziative sorprendenti, ostentando un'olimpica indifferenza a quello che succede attorno alla sua musica.

Dalla metà degli anni '80 si e' imbarcato nell'ormai celebre Never Ending Tour (il tour senza fine), suonando, sempre con la stessa band, più di 100 date all'anno: i concerti ormai sono sempre più sgangherati, prevedibili nel rifiuto della ritualità del live show e nella storpiatura dei pezzi. Non c'é evento che possa cambiarne la natura: possa essere un'esibizione di fronte a papa Wojtyla e a 300 mila persone o, di recente, i suoi concerti in Cina o a Saigon. Inutilmente i media hanno sperato di sentire da lui parole contro la censura praticata dal governo di Pechino o qualche allusione alla guerra del Vietnam. Ma così come ha fatto tante volte, Dylan è riuscito a sorprendere tutti: dopo più di 30 anni, i suoi album più recenti, Modern Times e Together Through Life sono tornati in classifica e a mettere d'accordo la critica, cosa che non succedeva dalla fine degli anni '80 con il bellissimo Oh Mercy. Nel frattempo ha pubblicato una raccolta di canzoni natalizie e, rompendo il suo proverbiale isolamento, ha condotto uno strepitoso programma radiofonico infarcito di raffinate selezioni musicali e divertenti interventi parlati. Un enigma che ora compie 70 anni: vien da pensare che ha fatto bene il regista Todd Haynes a usare sei personaggi e sei attori (compresa Cate Blanchett) per raccontare Bob Dylan nel film Io non sono qui.

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Re: Musica

Messaggio da ars72 »

bel concerto degli Interpol lunedì sera all'Atlantico a Roma. 1 h e mezza per suonare 18 pezzi, praticamente tutto il repertorio migliore tranne un paio di gemme colpevolmente lasciate x strada secondo me ( Public pervert e Roland ). Chiusura in grande stile con Obstacle1 che resta forse il loro pezzo migliore. Gli Interpol riprendono il sound della new wave di Joy Division, Chameleons, The Sound e anche dei primissimi U2..se hanno un limite dal vivo forse sta nella scarsa presenza scenica, che risulta un pò professionale e monocorde nonostante l'ottimo parlato italiano di Paul Banks.
Cmq bella serata, acustica decente e arena praticamente esaurita..l'unico problema il caldo asfissiante da togliere il respiro..e infatti a metà concerto mi sono messo in fondo tra le porte aperte..Immagino già la sauna infernale per chi andrà il 27 giugno a vedersi i Primus in quel bordello..
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Re: Musica

Messaggio da ars72 »

30 anni senza Rino Gaetano, talento nonsense
Mori' il 2 giugno 1981, suo mito ancora vivo anche tra giovani



ROMA - Era un folletto allampanato, un talento e una personalità libera e nonsense che gli intellettuali impegnati guardavano un po' con sospetto nel periodo cupo degli anni di piombo: a distanza di trent'anni esatti dalla sua tragica morte il mito di Rino Gaetano non si è spento, anzi si rinnova di generazione in generazione forse perché nelle sue canzoni è incredibilmente descritta anche l'Italia di oggi. "C'é qualcuno che vuole mettermi il bavaglio. Non ci riusciranno! Sento che, in futuro, le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni": queste le sue parole profetiche prima di un concerto nel 1979.

Era nel pieno della sua popolarità esplosa nel 1975 con il 45 giri Ma il cielo è sempre più blu. Un successo arrivato dopo che Rino, trasferitosi da Crotone a Roma da ragazzino, aveva bazzicato per anni negli ambienti musicali fino all'incontro decisivo con Vincenzo Micocci della It, la casa discografica a cui erano legati anche Antonello Venditti e Francesco De Gregori, suoi grandi amici. Il debutto discografico avviene nel 1973: con lo pseudonimo di Kammamurìs, pubblica il singolo I Love You Marianna che giocando sul doppio senso, fa pensare alla marijuana ma in realtà racconta l'affetto che lo lega alla nonna Marianna. Nel 1974 pubblica il suo primo album, Ingresso libero, che non ottiene particolari riscontri di vendita e di critica ma mostra già i segni dello stile estroso e provocatorio che lo avrebbe contraddistinto. Poi è un susseguirsi di hit: Mio fratello è figlio unico, Berta filava, Sfiorivano le viole, Aida, Spendi, Spandi effendi, Resta vile maschio, dove vai?. Nel 1978, come un alieno approda in frac e cilindro sul palco di Sanremo con la canzone Gianna che a lui non piaceva tanto perché troppo commerciale. Si piazza al terzo posto e rimane per quattro mesi in classifica, vendendo oltre 600 mila copie.

Altro grande successo di Rino Gaetano è Nunteregghepiù, una riflessione arrabbiata sulla degenerazione dell'Italia in cui il cantautore fa, cosa rara, nomi e cognomi dei responsabili: "Dc, Psi, Pli, Pri in unione con il Pci", ma anche la famiglia Agnelli. E c'é un episodio che racconta meglio di tutti Rino Gaetano: nel programma Acquario del 1978 il conduttore Maurizio Costanzo lo invita come ospite insieme a Susanna Agnelli: in quella circostanza il cantautore chiede alla senatrice, in maniera semplice e diretta, se si sentisse parte "di una certa 'Italietta'". Insomma, uno spirito anarchico, un cantante folk, un poeta nonsense, in bilico tra Petrolini e Fred Buscaglione, uno dei suoi punti di riferimento di cui ha purtroppo replicato la tragica fine: la sua carriera e la sua vita si sono infatti interrotte tragicamente il 2 giugno 1981, quando aveva poco più di trent'anni, per un incidente stradale avvenuto a Roma, sulla via Nomentana. A distanza di trent'anni Rino Gaetano continua ad ispirare film, fiction, manifestazioni musicali, artisti e ancora tanti giovani. Oggi sulla sua pagina di Facebook che conta 800 mila fan, numeri degni di un artista in vita, è un continuo postare di video e messaggi che ricordano quel giullare scanzonato e ancora indefinibile.


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Vorrei un parere da qualcuno di voi che sia un fan o comunque conosca i Subsonica: come vedete il loro ultimo lavoro "Eden" uscito nelle scorse settimane? Secondo me è il peggior album della loro storia, troppo solare, troppo leggero, troppo pop. Acquisteranno fans tra il pubblico giovane, ma ne perderanno inevitabilmente tra chi come me li considerava unici eredi della mitica new wave elettro-dark anni Ottanta. Già con "Terrestre", il loro quarto lavoro, c'era stata una svolta sull'elettrico/acustico, ma quello almeno era un disco un pò più "arrabbiato", poi con "L'eclissi" erano parzialmente tornati agli antichi splendori. Ora dopo quattro anni di attesa arriva questo "Eden" che pare ben visto dalla critica oltre che dai supporters più fedeli (ma a quelli andrebbe bene qualunque cosa). C'è da dire che ad ogni nuova uscita i Subsonica non hanno mai fatto un album uguale al precedente, e questo è un loro merito, però sentire il synth di Boosta che a volta sembra un organetto da feste di studenti, o la voce di Samuel troppo preponderante (per non parlare della batteria spesso troppo acustica e in secondo piano) lascia perplessi. Lavori come "Microchip Emozionale" e "Amorematico" resteranno inarrivabili. E lasciamo perdere se allora ebbero anche la faccia tosta di andare a Sanremo, ma era solo per farsi conoscere, e l'azzeccarono in pieno.
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Messaggio da ars72 »

nn ho ascoltato Eden, sinceramente qualche anno fa ero molto di piu' in sintonia coi Subsonica. X me lo spartiacque resta il live Controllo del livello di rombo, da lì in poi pur facendo lavori interessanti ( Terrestre e L'eclissi nn sono male, mentre stenderei un velo sul singolo Coriandoli a Natale ) hanno perso x me quel fascino iniziale..pezzi orecchiabili, ben suonati, discretamente aggressivi ma sempre un pò freddi come reazione a pelle. E la stessa impressione ce l'ho avuta dal vivo ..i concerti visti nel 2003 e del 2005 decisamente piu' coinvolgenti e brillanti rispetto all'ultimo a cui sn andato nel 2009 dove -complice pure l'acustica da dimenticare del Palalottomatica- mi erano sembrati dei professionisti troppo intenti all'autocelebrazione con la solita scenografia alternativa ( che alla fine alternativa nn è )..pure il parlato di Samuel col pubblico pareva preparato.
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Io di concerti dei Subsonica ne ho visti parecchi, nei primi anni del passato decennio, e devo dire che erano tutti piuttosto coinvolgenti, anche se, come dici tu, alcuni "siparietti", ricordo ad esempio Samuel che suonava brevemente la batteria nel tour di "Amorematico" erano poco spontanei. Sul singolo "Coriandoli a Natale" non è farina del loro sacco, ma risale agli anni Ottanta, è un pezzo a suo tempo composto da un grande amico di Max Casacci che da tempo ci ha lasciato, Gigi Restagno, che negli anni Ottanta a Torino era figura di grande spicco della new wave, sulla sponda mod, anima di molti gruppi locali e anche affermato conduttore a Radio Flash, radio alternativa che allora andava per la maggiore, che ha sfornato voci come quella di Alberto Campo che è poi passato a RadioRai. Diciamo cmq che la loro versione di "Coriandoli a Natale" non è azzeccatissima, ma le intenzioni erano più che condivisibili
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