The Smiths -The Queen in Dead
Una copertina, quella di “The Queen is Dead” degli Smiths con la divinazione del suo presagio, che sale oggigiorno alle luci del network dopo 36 anni. Un titolo acuminato, enucleato da una parossistica concezione che aveva Morrissey nei confronti della monarchia, da sempre da lui idealizzata come una coercizione contro ogni democrazia. Se non intenzionale, nelle parole del terzo full-length del gruppo di Manchester è innegabile che abbia permeato sull’aura di Elisabetta II una certa superstizione, scongiurata con il semplice esempio dell’attualità, arrivando a 70 anni di regno; in longevità solo secondo alla durata del comando del Re Sole. Ma le fiabe non sono destinate a durare in eterno, e la malinconia decadente di Johnny Marr e soci in un certo senso si allinea finalmente al mood del momento.
In realtà il titolo dell’album in precedenza sarebbe dovuto essere “Margaret On The Guillotine” (sì, anche la Thatcher era entrata nelle simpatie della band) ma poi Morrissey decise di cambiarlo dopo essersi lasciato ispirare dall’omonimo racconto scritto da Hubert Selby contenuto nel libro “Ultima uscita per Brooklyn”.
Nella storia si avvicendano le esistenze (e le droghe) di disagiati emarginati che risiedono in un povero quartiere di Brooklyn mentre è in corso uno sciopero operaio. La queen morta che si intende nel titolo è in realtà la Drag Queen Georgette, uno dei personaggi. Un racconto allegro insomma. Non che l’autore di “Bigmouth Strikes Again” fosse un divoratore di favole con unicorni… “Margaret On The Guillotine” verrà comunque incisa come traccia all’interno del suo album solista “Viva Hate” nel 1988, attirando le simpatie della polizia che arriverà a perquisirgli la casa. C’è da dire che in un certo senso anche questa canzone è stata un po’ evocativa; la Thatcher morirà lo stesso anno in cui uscirà la biografia di Morrissey, nel 2013.
Rimanendo fedeli allo stile retrò, ricercato ed estremamente intellettuale che caratterizza da sempre l’intenzione degli Smiths, un nuovo bianco e nero padroneggia nel background dell’artwork, nel quale tra contrasti accentuati emerge il volto di un irriconoscibile Alain Delon che giace a terra, dallo sguardo privo di riflessi vividi. Lo scatto che simboleggia in modo immaginifico “The Queen is Dead” è tratto da un frame del film noir del 1964 “L’Insoumis” (“Il ribelle di Algeri”).
La trama ruota a una storia d’amore sofferta da un epilogo già intuibile. Sono gli ultimi istanti di vita del protagonista, che riesce a sfuggire più volte alla sorte, ritrovandola in una placida attesa che lo porta tra le rassicuranti mura di casa. Qui, in modo ieratico si abbandona serenamente alla fine dopo l’incontro con la figlia che non vedeva da sei anni.
Come per Elisabetta è arrivato il sonno eterno nella pace, tra gli affetti, nella serenità della quiete dell’ultima destinazione, dopo una vita vissuta intensamente in nome dell’amore e della patria.
L’eroe è morto. Viva l’eroe.
La regina è morta. Viva la regina.
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Con colpevole ritardo un piccolo omaggio per la scomparsa dello storico bassista degli Smiths Andy Rourke nel maggio scorso dopo una lunga malattia. RIP