Le regole sono queste. Innanzitutto, le “seconde squadre” non possono militare nella stessa categoria delle “prime squadre”. Ciò significa che, ad esempio, l’attuale Juventus Next Gen potrebbe essere promossa in Serie B, ma non in Serie A. Se andasse in B e si classificasse in uno dei primi due posti, sarebbe promossa direttamente la terza classificata e farebbero i playoff le piazzate dal quarto al nono posto; se si classificasse tra il terzo e l’ottavo posto, non farebbe i playoff, le subentrerebbe la nona. In sostanza, pur valendo agli effetti statistici il suo piazzamento, sarebbe esclusa dalle graduatorie ai fini della promozione in A. Questo è il meccanismo che si attua in Spagna, dove è spesso capitato che le seconde squadre di Barcellona, Real Madrid, Atletico, Valencia e altre si siano classificate ai primi posti in B. Ma questa regola comporta anche che se la prima squadra dovesse retrocedere in Serie B, la seconda verrebbe automaticamente declassata in Serie C. E se la prima dovesse addirittura retrocedere in Serie C, la seconda sarebbe esclusa, perché non potrebbe partecipare alla Serie D.
In secondo luogo, dal punto di vista “formale”, giuridico e contrattuale, la società è unica. I calciatori, sia della “prima”, sia della “seconda” squadra, hanno un unico contratto con la Juventus SpA (come pure sarebbe nel caso dell’Atalanta, del Sassuolo, ecc.). Si tratta quindi di un contratto professionistico, i calciatori delle “seconde squadre” hanno status professionistico. Ciò implica che non possono militare in D, né in nessun altro campionato dilettantistico. Ecco perché, in caso di retrocessione, la seconda squadra non potrebbe partecipare alla D e sarebbe esclusa da tutti i campionati. L’anno successivo potrebbe chiedere la riammissione alla Serie C, ovviamente a condizione che vi siano posti disponibili.